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See over sea: fine di un'avventura?


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/04


SEE OVER SEA: FINE DI UN’AVVENTURA?
di Giacomo Martino
La Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana, attraverso il settore pastorale dell’Apostolato del Mare, ha organizzato un Tour di sensibilizzazione sui problemi e le emergenze del mondo marittimo con particolare considerazione al fenomeno delle navi sequestrate nei porti italiani.Due camper attrezzati hanno percorso l’Italia da Trieste a Palermo a Cagliari guidati dal Direttore nazionale della Migrantes-Apostolato del mare e dallo staff di volontari e artisti in un’avventura durata 33 giorni di infaticabile attività.Un tour per informare e sensibilizzareScopo dell’iniziativa è stato mostrare visivamente attraverso le immagini, l’arte, l’incontro personale con la gente di mare e una mostra fotografica, la vita sul mare cercando di:1) riconoscere il marittimo, nelle varie sollecitudini religiose, politiche od economiche, come soggetto primo e denominatore unico della nostra riflessione;2) sensibilizzare i lavoratori dei porti, i camionisti che trasportano la merce da e verso il porto, le forze dell’ordine, gli armatori stessi ma soprattutto la cittadinanza che ruota e vive del lavoro di questa gente sempre più invisibilmente nascosta dalle lamiere degli scafi;3) favorire la conoscenza e la cooperazione tra associazioni e gruppi, religiosi e laici, che per diversi motivi si ricollegano alla gente di mare e incoraggiare le esperienze già esistenti ad una collaborazione locale e nazionale nella costruzione di una grande “rete nazionale”.Tutte le attività sono state accompagnate da uno sfondo unico della mostra di oltre 20 tavole fotografiche di Stefano Schirato che ha pubblicato, con il nostro aiuto, il libro: “Né in terra né in mare” (Silvana Editoriale - presentazione di Giuseppe Tornatore) sul tema delle navi sequestrate nei porti e degli equipaggi abbandonati.Un concorso nazionale ha, poi, coinvolto giovani artisti in Italia nell’aiutarci a lanciare un SOS (tema del nostro tour), un grido di aiuto rivolto alle nostre città di mare che vivono il rapporto con il proprio porto, la sua realtà, i suoi problemi come con un mondo parallelo e separato dalla propria realtàSono state coinvolte in prima persona le associazioni marittime, le capitanerie di porto, gl’ispettori dell’ITF e le singole persone che concretamente hanno presentato la loro attività di soccorso ed accoglienza nei porti visitati.Fondamentale è stata l’organizzazione di una Tavola Rotonda con le autorità civili e religiose in cui si è posto il valore del marittimo come persona al centro di tutta la nostra riflessione a partire dalle diverse esperienze e competenze. Un video professionale e un concerto di musica pop prodotti specificatamente su questo argomento da artisti professionisti hanno tentato di spiegare ai giovani e meno giovani le difficoltà della vita dei marittimi e delle loro famiglie.In particolare abbiamo organizzato in ogni porto attività scolastiche con concorsi, divisi per età. che spingano gli studenti ad occuparsi dell’aspetto umano del porto e le emergenze che quotidianamente coinvolgono la gente di mare. Sembra incredibile non rendersi conto che questi drammi si consumano a due passi da casa nostra, in un’indifferenza che è figlia della non conoscenza.Anche se gravosa l’attività è stata davvero feconda.Seguire la direzione nazionale di un settore può scadere facilmente in un mero lavoro di ufficio che rischia di essere disincarnato dalla realtà che dirige e soprattutto di essere “un’altra cosa” rispetto al “sentire” degli operatori pastorali.La condivisione delle fatiche ed anche incomprensioni ha generato un nuovo legame tra i vari centri e gli “uffici” scoprendo che siamo davvero tutti sulla stessa barca.Per riscoprire i marittimiIndubbiamente abbiamo riscontrato che gli oltre 8.000 chilometri di costa italiana presentano una problematica frammentata e davvero eterogenea. Dalla grave emergenza delle navi sequestrate ai problemi dei pescatori che affrontano ancora lunghe traversate per la cosiddetta pesca d’altura. Ci sono porti essenzialmente commerciali mentre altri sono fondamentalmente specializzati per il servizio passeggeri. Rimane in ogni luogo l’unico comune denominatore: la gente di mare: marittimi, portuali, pescatori e le famiglie spesso poco aiutate nella difficile gestione di un focolare spesso frammentato. Mogli che devono decidere per i loro mariti e figli che crescono conoscendo i padri attraverso le fotografie ed il telefono. A questi problemi si sommano i grandi numeri di extracomunitari che vivono il dramma della lontananza da casa e l’essere stranieri non accolti in ogni porto. Alle normali difficoltà di lingua ed orari si sommano la necessità di velocizzare il lavoro rendendo le soste nei porti sempre più inumane e tutte le leggi protezionistiche davvero inutili soprattutto verso questi lavoratori del mare.Se si dovesse sintetizzare in una frase i 33 giorni del Tour si dovrebbe dire che il marittimo è ancora il fantasma dei nostri porti e oggi come mai serve un’opera di sensibilizzazione continua e ad ogni livello; dalla scuola, alle famiglie, dalle istituzioni civili a quelle militari e religiose.Ai nostri incontri spesso sono intervenuti operatori del mare, volontari della Stella Maris e associazioni marittime ma davvero pochi “cittadini” e gente comune.Abbiamo avuto grosse difficoltà come a Venezia o a Pozzallo in cui praticamente nessuno, tranne alcune autorità (non tutte) si sono fatte vive e solo alla Tavola Rotonda. Sembra che non solo non si conosca il problema “marittimo” ma anche che non lo si voglia affrontare, che non interessi, e questo è grave soprattutto se si tratta di città di mare. A Napoli, per esempio, non siamo stati accolti in quanto ci hanno detto: “Non esiste una tradizione marinara”, ma a Napoli da oltre due anni è attraccata una nave di georgiani abbandonata con tutte le problematiche di relazione, lingua, mancanza di cibo, acqua e accoglienza di cui nessuno, istituzionalmente, se ne sta preoccupando, nessuno.Buone le prospettiveSono intervenute oltre 7.000 persone ad ascoltare, ad informarsi, a capire cosa significa essere uomo o donna di mare. Molti si sono impressionati dei grandi numeri di transito nei nostri porti di questi fantasmi così misconosciuti e veramente invisibili. Il Vescovo di Brindisi ha dedotto che per il porto i marittimi sono tre volte tanto il gregge diocesano affidatogli e da pastore coraggioso ha fortemente voluto e promosso un gruppo di accoglienza “Stella Maris”. Altre inaugurazioni sono state fatte di nuovi centri che sono “la casa lontano da casa” per la gente di mare a cominciare da Milazzo, a Siracusa, a Gioia Tauro e Brindisi appunto. I Vescovi sono sempre intervenuti con un certo interesse e spesso la santa umiltà d’imparare a conoscere questo mondo invisibile. La presa di coscienza di una vera emergenza, di un forte SOS lanciato dall’Apostolato del Mare-Migrantes italiano, ha dato a molti lo spunto per “indagare” per trovare il luogo ed il cappellano adatto per organizzare un’accoglienza anche nelle diocesi di Livorno, Catania, Procida, Civitavecchia e Porto Torres.L’invito, discreto, fatto a tutte le diocesi di città portuali o con alta presenza di marittimi è stato quello di inserire, nei piani pastorali diocesani, un intero capitolo dedicato a questo delicato argomento affinché questa accoglienza sia veramente di tutta la Chiesa e non solo del sacerdote e del gruppetto incaricato.La sensibilizzazione mirava a coinvolgere “tutti gli uomini di buona volontà” in questo servizio tanto umile quanto delicato. La quasi unanimità delle autorità civili, religiose e militari, hanno espresso la forte volontà di formare un “tavolo permanente” in cui istituzioni e volontariato possano localmente confrontarsi e trovare concrete soluzioni per il benessere della gente di mare. Alcuni hanno proposto che queste “tavole” o “comitati cittadini” possano poi gemellarsi tra loro e, seguendo l’itinerario del Tour, costituire una sorta di “coordinamento nazionale”. In realtà si tratta di concretizzare con i fatti una Convenzione, la ILO 163, che solo Italia e Germania non hanno ancora ratificato.Partecipanti entusiastiA parte casi veramente sporadici di qualcuno che è intervenuto per mettersi in mostra, tutti gli altri partecipanti, autorità e gente comune, hanno dato un’entusiastica adesione. Sindaci e assessori figli di marittimi, presidenti dell’Autorità portuale parenti di pescatori, presidi degli istituti nautici ex naviganti sono stati tutti motivati a risolvere l’ingiustizia e l’indifferenza che direttamente o indirettamente li avevano colpiti costringendoli ad anni di silenzio.La Capitaneria di porto, coordinata per questa attività dall’ammiraglio Pollastrini, è stata sempre e comunque presente dimostrando una sensibilità che, oltrepassando la mera applicazione delle leggi e le funzioni di “polizia del mare”, ci ha dato sostegno, coraggio e presenza. Di fatto la collaborazione tra le capitanerie locali e i centri di accoglienza Stella Maris sono sempre state reciproche e molto concrete sugli interventi ordinari e straordinari nei porti italiani.Un altro importante risultato è stato raggiunto con gli Istituti nautici quasi sempre presenti con stand, progetti e giovani molto interessati che ci hanno ricordato anche la bellezza del mare e l’avventura della navigazione. La presenza di tanti giovani e ragazze pronte a diventare “capitano” ci ha spronato ancora di più nel prepararli ad una vita di sacrificio e di testimonianza che, domani, saranno chiamati a fare a bordo delle loro navi.In Italia esiste ancora una massiccia forza di pescatori che rimangono a mare, tra i flutti, da uno a cinque mesi senza “alcun contatto” con la terra, la famiglia, la propria comunità. Nel nuovo direttivo dell’Apostolato del Mare saranno dunque presenti anche un responsabile delle scuole nautiche e della pesca.L’Italia si è comunque, ancora una volta, dimostrata una nazione che sa “essere vicina”, sa muoversi verso questi “invisibili” anticipando firme di Convenzioni internazionali mai sottoscritte.Insomma un SOS raccolto da molte voci, una chiamata a cui molti hanno risposta, un’adesione che non possiamo e non dobbiamo disattendere.
In allegato il Riassunto del Tour