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Argentina: credere nelle proprie possibilità


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/04


ARGENTINA: CREDERE NELLE PROPRIE POSSIBILITÀ
di Domenico Locatelli
La complessità della situazioneL’elemento di fondo che appare a chi si avvicina alla situazione argentina, è anzitutto la complessità. Si mescolano retaggi antichi, evoluzioni democratiche recenti, passato di durezza militare, negazioni di diritti, battaglie per riaverli, denuncie inascoltate e disperate di deboli oppressi, complicità deplorevoli, paura generalizzata.Si sente il bisogno grande di disciplina, disciplina culturale prima di quella sociale e civica. Un desiderio di chiarezza nel pensiero, un voler ritrovare gerarchie di valori che siano in grado di guidare verso scelte fondamentali da fare.Una consapevolezza di una crescente disuguaglianza culturale, con un analfabetismo grave di ritorno e una accelerata diffusione di internet riservato a pochi.Anche gli italiani, ed il 57% della popolazione Argentina è di origine italiana, sono dentro completamente in questa situazione complessa e drammaticaUna crisi gravissimaUna crisi che dura ormai da alcuni decenni. Ogni aspetto e settore è in crisi. Non è una crisi di malcontento per mancate risposte statali a richieste della popolazione, non una crisi per mancate risposte economiche a rivendicazione salariali, non è solo crisi di ingiustizie denunciate e mai condannate e riscattate.Non è solo crisi di mancanza di lavoro, anche se la disoccupazione è più che raddoppiata nel giro di dieci anni. Dopo vent’anni di democrazia, l’Argentina, sta constatando che la miseria della nazione è cresciuta del 50%, ed è terribile.è tutto il sistema che è in crisi, soprattutto perché non riesce più a vedere la fine del tunnel, ed ha smarrito la direzione, non sa più dove andare.Si sentono ad un punto critico e delicato dove le grandi linee ispiratrici quali: lavoro per tutti, giustizia sociale, libertà e sicurezza non si sa più come non farle sparire del tutto. Esiste il grosso rischio di perdere la democrazia e molti lo paventano.Le cause profondeNon esistono tanto le cause recenti, immediate della crisi, dovute a scelte legislative sbagliate, al malgoverno, alla corruzione. Oggi, in Argentina, è in atto un ripensamento profondo della situazione, dove il coraggio e la lucidità di pensiero intendono arrivare al nocciolo, all’origine, alle cause profonde.Parlano di crisi di civiltà perché si è smarrito le finalità di base del vivere. Si confondono gli indizi di miglioramento come la soluzione della crisi. Si parla sempre più di decadenza.Le manifestazioni più eclatanti della crisi di civiltà sono visibili soprattutto nella perdita della reciprocità, perdita della fiducia, perdita dell’amore per il bene comune, pubblico, prevalenza dell’amore privato sull’amore comune. Profonda frammentazione della politica che ha portato uno sfrenato neoliberalismo esploso grazie all’inefficienza dello Stato causando la sparizione della classe media facendo sempre più apparire un disequilibrio fra i sempre più ricchi e la maggioranza sempre più nella miseria. Un individualismo disperato che è divenuto violento e fuori controllo.In un certo qual modo, si vuol denunciare come concausa l’orgoglio nazionale che gridava la grandezza d’Argentina; che Argentina è al Sud dell’America ma non è un paese “sudamericano”, perché è ricca, ha una potenzialità di ricchezza enorme.Gli uomini e le donne che hanno costruito l’Argentina venivano dall’Europa e si finì per pensare, agire, parlare, ed organizzarsi in maniera spropositata. Per 60 anni si è alimentata in modo ostinato e soprattutto emozionale l’immagine dell’Argentina “grande”, “immensa” “ricca”.La “grande Buenos Aires”, enorme ed esagerata si mostra con tutte le sue contraddizioni e tensioni, mostra la sua “macrocefalia”: grandissima ma solo nella testa, nei sogni, con un tenore di vita al di sopra delle possibilità.Si è dimenticato che la storia dell’Argentina attuale e che ora è alle prese con la disperazione di un fallimento generale, è iniziata solo nel 1810, neppure 200 anni orsono, e la fragilità del costruito si manifesta desolatamente nella grande crisi di identità attuale.Si parla di “vizi capitali” che stanno alla base del malessere:- L’ignoranza del bene pubblico che è considerato di nessuno e quindi sfregiato, depauperato, non difeso e tanto meno incrementato.- La mancanza di rispetto per le leggi. L’unica che è in qualche modo rispettata è la legge penale. Solo la paura di dover pagare mantiene in qualche modo, un’attenzione per la legge.- La disaffezione al lavoro: non si lavora più. Se i padri sono stati grandi lavoratori, i figli sono lazzaroni, non hanno il senso dell’imprenditorialità, il gusto dell’iniziativa.Voglia di lottareAlcuni segnali fanno ben sperare perché, sempre più si parla di “sfida”, di voglia di riscatto, di disponibilità a ripartire da capo rinunciando ad attese inconsistenti di “salvatori” che vengono da fuori. Qualcuno comincia a credere nelle proprie forze e possibilità.I Vescovi argentini, anche come corpo episcopale, cominciano a considerarsi come la sola istituzione alla quale si dà ancora chance di credibilità. La loro riflessione sta producendo documenti e linee di ripensamento interessanti ed illuminanti: parlano di opportunità. La crisi ha sempre un aspetto positivo dove è albergata la speranza che fa prendere coscienza che il popolo malato può percorrere sentieri e ridiventare un popolo savio.Si prende atto di aver, per troppo tempo, delegato e scaricato le responsabilità sui leader di turno, ma che ora è concreta la possibilità di riprendersi la responsabilità personale e sociale e ricostruire la Repubblica. L’esperienza tragica del colpo di stato del 1930, la nazionalizzazione di tutto nel 1947, il “Peronismo” e soprattutto la mentalità falsa e mortale che ne conseguì, dove tutto era facile, dove tutto era possibile perché era stato promesso, dove tutto veniva dallo Stato centrale e dai suoi funzionari, rese possibili le “dimissioni” dell’intero popolo che finì per delegare ogni potere a qualcuno, accettando di vivere in una attesa passiva e micidiale.Si è ripresa la strada di ricostruire anche se restano in penombra due paure che sono spettri minacciosi: la crescita della miseria ed il rischio di una guerra civile.Orientamenti ed obiettiviLa Chiesa argentina, le forze sociali e politiche si vanno sempre più convincendo della necessità della formazione quale priorità assoluta per iniziare un lavoro a lungo termine. è la strada obbligata per riportare prioritariamente il “senso della democrazia”, per dare fondamento alla “partecipazione” e alla “rappresentanza politica”.Si vuole ricostruire la coscienza di essere cittadini, capaci di prendere le responsabilità sociali, di collaborare con gli altri, di investire sul bene comune ritrovato e ridefinito.La Chiesa argentina, almeno per buona parte dei suoi elementi, è consapevole di essere rimasta sola. è in pieno sul cammino dell’Esodo passando da una situazione di connivenza e dipendenza dallo Stato ad una posizione di autonomia, di libertà e verità.E vicina sempre più al popolo, sempre più voci si alzano per denunziare e difendere. Vuol ritornare alla teologia della creazione, alla teologia del lavoro, vuole incoraggiare e condividere il lavoro per tessere relazioni umane e rispettose della vita. Vuole illuminare perché ogni persona ritrovi forza e motivazione per essere protagonista della propria storia e della storia comune. Vuole accostarsi alle strutture politiche e pubbliche per sostenere il Governo nella sua opera di fare politica vera, dove si tenta di realizzare progetti di micro-politica, per una presenza base nei quartieri, nelle “villas”, dove soltanto uomini e donne “nuovi” possono combattere l’imbarbarimento del territorio e costruire un “umanesimo nuovo”.Gli italiani in ArgentinaLa popolazione italiana in Argentina resta sempre importante. è rimbalzata alla notorietà dei media italiani soprattutto negli ultimi anni, a causa della crisi gravissima che stanno vivendo. I numeri del Ministero degli Esteri parlano di 587.434 italiani con passaporto, mentre il Ministero degli Interni secondo l’AIRE, l’anagrafe dei comuni italiani dice di 325.118 italiani residenti in Argentina. Resta sempre complicato mettere ordine in una anagrafe alla quale mai nessuno ha messo attenzione: non c’erano motivi “sufficienti”. Oggi gli “interessi” economici, di visibilità, politici ed elettorali sono cresciuti considerevolmente quindi ci si agita molto di più e si sta arrivando ad armonizzare i dati anche se scadenze consultive passate, come l’ultimo referendum e quelle prossime come le elezioni dei Comites (sono i Comitati chiamati a svolgere, grosso modo, le funzioni dei nostri consigli comunali) previste il 26 marzo 2004 creano un clima convulso e frettoloso che non sempre aiuta a terminare bene questo grande lavoro di “contabilità” anagrafica.E senz’altro improprio parlare di comunità italiana, perché gli italiani d’Argentina, ma sarebbe meglio parlare di argentini italici, portano con sé tutta la storia argentina degli ultimi due secoli, ne sono i coprotagonisti insieme agli spagnoli, tedeschi, indiani, cinesi ed ultimamente, paraguaiani, onduregni e boliviani.Vivono la loro storia locale e anche la loro italianità, la vivono in Argentina e alla maniera argentina. Una evidente specificità li sta ancora aiutando, ed è quella delle associazioni. Moltissime, più di 700, di ogni dimensione e età. Si stanno organizzando nel redigere liste e annuari che ne descrivano storia, indirizzi, riferimenti. Quasi la totalità delle associazioni hanno origini devozionali, nate per celebrare la festa del paese d’origine, attorno al santo e al patrono del villaggio natio. è stato il riferimento solido, importante, fondante e duraturo per lo svolgersi della loro vita di emigranti-coloni in quella terra benedetta.La chiesa era normalmente la prima costruzione che realizzavano, occasione per mantenersi insieme, condivisione di un progetto e di una visione della vita che era comune. Accanto alla cappella dell’associazione nasceva quasi contemporaneamente un grande sala, per ritrovarsi, fare la festa: luogo per esprimere la dimensione comunitaria. Nasceva quindi il quartiere delle case, dei laboratori, dei commerci, delle botteghe e degli uffici pubblici.Una realtà che ha coinvolto la prima generazione, quella che soffre di più perché non ha possibilità di mantenere e conservare quanto ha realizzato nel tempo: spesso si raccontano scoraggiati. Oggi il disagio è palpabile: i giovani sono figli d’Argentina più che d’Italia, vivono il malessere generale, lo smarrimento di tutti. Gli studi e i diplomi non possono essere messi in valore in un paese da ricostruire e che non offre possibilità di impiego, e la strada dell’imprenditorialità non trova molte risorse finanziarie credibili e solide.Rischi e affiniSe parliamo di argentini italiani, allora ci mettiamo ad interessarci dell’Argentina e del suo presente, in tal modo aiuteremo anche gli italiani che là vivono.C’è stata e c’è ancora una fase di emergenza dove sono i bisogni primari che chiedono risposte immediate per la sopravvivenza: salute, cibo, minimo economico vitale, pensione di sussistenza.Lo Stato italiano ed il mondo intero si sono attivati egregiamente. Chi è nell’indigenza trova un aiuto puntuale ed un contributo per tirare avanti. Somme significative sono state stanziate dalle Regioni italiane, ma non sempre sono state spese su progetti credibili, a volte è stata una distribuzione a pioggia, o quasi: purtroppo qualcuno aveva l’ombrello di non essere originario della regione benefattrice, e la pioggia benefica non ha potuto bagnare il suo orticello.Esistono sempre i “tribuni” abili a manovre che riescono a far disperdere risorse economiche in rivoli secchi che non portano da nessuna parte. Altre risorse si sono mezze esaurite in suolo italico, vuoi in pubblicazioni “turistiche” che illustrassero la regione di origine, vuoi per commissionare studi e ricerche spesso frantumate secondo “voglie” individuali, prive, purtroppo, di un coordinamento meglio condiviso oppure mortalmente segnate dall’immediato e prive della solidità che è la continuità, la fedeltà di osservazione, il coraggio del confronto, vuoi, infine, per i viaggi dove, soprattutto, si è aiutato molto le compagnie aeree in un andare e venire senza fine che non ha quasi mai toccato che i punti “standard” delle visite, vale a dire le grandi città e le istituzioni tradizionali. Le persone ordinarie, sono rimaste invisibili come succede da sempre. Il miraggio chiamato “Italia”L’Italia è diventata interessante e “l’Eldorado” di turno quando si è intravista la possibilità di una soluzione economica immediata. Allora via alla corsa per riavere la cittadinanza ormai persa e, comunque, mai cercata prima, via al passaporto per andare in Europa, per scoprire poi, che essere cittadini non è tanto questione di un documento che puoi mostrare, bensì cultura, civiltà, appartenenza, lingua, condivisione di un linguaggio e modo di convivere.Le Regioni italiane si sono attivate subito per creare posti di lavoro, per “richiamare” gli italiani a ritornare alla propria terra, ma chi lo poteva fare era già morto da tempo o è comunque “out” per la produzione. Ma, si sa, forse un italiano d’Argentina è molto meglio di uno del Kosovo o d’Albania. Ma è stato una vera e propria emigrazione di “italiani” in Italia, con tutte le fatiche proprie agli emigranti: lingua diversa, abitudini diverse, diffidenze, paure, fatica di aggiustarsi a maniere di fare, accoglienza, casa, assicurazioni, burocrazia e via di seguito. Noi qui in Italia ci siamo gratificati chiamandoli “Italiani che ritornano in Patria” ma loro si sono trovati emigranti in un paese che conoscevano solo dal racconto dei loro nonni, ed hanno incontrato una Italia che non esisteva più. E molti sono ripartiti, per ritornare nella patria Argentina, e soprattutto per raggiungere la Spagna che resta il paese più vicino a loro sia linguisticamente che storicamente.I giovani e coloro che furono piccoli imprenditori di loro stessi e della loro famiglia, artigiani o commercianti, chiedono solidarietà soprattutto nell’avere a disposizione crediti a tasso agevolato per ricominciare la propria attività. La debolezza più grande attuale, è l’assenza di una classe media ed di una economia di piccolo cabotaggio da far risorgere il prima possibile.Partirono con questo obiettivo solidale le casse cooperative di credito e mutuo soccorso dell’inizio del secolo scorso: una strada da ripercorrere per arginare il devastante condizionamento dei mostruosi ed ingovernabili fondi finanziari mondiali. Una strada di qualità per molte Regioni italiane che si possono affiancare agli imprenditori di origine italiana mettendo a disposizione formazione, risorse umane e finanziarie. A volte si assiste all’arrembaggio di speculatori che non perdono certo l’occasione di arricchirsi sulle disgrazie altrui, e non ci pensano due volte nel buttarsi a comprare a basso prezzo terre, insediamenti, imprese che non ameranno mai perché non ci vivranno mai in quel paese che considerano in svendita ed in liquidazione di fine stagione.C’è pure il rischio che si vada ad incrementare la sgradevole schiera di latifondisti, o capitani di industrie che, per proteggere i propri interessi, finiscono per remare contro ogni riforma che può mettere a rischio la loro fortuna. Non si parla mai di questo risvolto che non fa molto onore agli italiani d’Argentina, o d’Italia che sia, che lo praticano. Farebbe bene anche a noi parlarne di più, per non intontirci con rumori celebrativi fasulli che mancano di lucidità e non aiutano gli italiani nel mondo.Religiosità popolareSi resta impressionati quando incontri 150 operatori pastorali italiani che fanno parte di una schiera di più di 600 tra uomini e donne, preti, missionari, parroci, religiosi, suore e laici che vivono e lavorano attualmente in terra argentina.Non hanno quasi nulla a che fare con le “comunità” italiane, non le conoscono semplicemente, e hanno importanti motivazione per lavorare, e bene, per tutte le persone del territorio in cui prestano la loro opera pastorale.Uno sparuto drappello di padri scalabriniani e qualche sacerdote italiano assicurano con coraggio e fedeltà l’assistenza pastorale alle associazioni italiane che restano vivaci e interessanti.C’è sempre stata la paura di impedire l’integrazione, di creare il ghetto italiano, e questo non ha ispirato la Conferenza Episcopale Argentina nel porre attenzione alle diversità culturali. Non esistono Missioni “cum cura animarum”, non sono state erette parrocchie italiane, continua il lavoro e l’assistenza di alcuni preti che vogliono coltivare la dimensione culturale italiana e, attraverso quella, favorire la crescita delle persone e la loro religiosità espressa attraverso una tradizione tramandata che, a volte rischia di restare rigidamente ancorata a modalità antiche di ormai difficile comprensione. Resistono benissimo le Associazioni, con le loro cappelle, le loro feste, le processioni, le statue dei loro santi, i consigli direttivi, la vita associativa, la capillarità di una presenza che raggiunge il compaesano anche quello più isolato, insieme alla beghe paesane, all’ambizione dei personalismi, alla tentazione di un potere familiare difeso con gelosia, alla fatica del rinnovamento generazionale, alla dura opera di relazione e collaborazione tra associazione, alle divisioni avvenute che hanno indurito le contrapposizioni e scoraggiato la partecipazione più allargata e democratica.Oggi le nuove comunità di immigrati che provengono dalla Bolivia, Perù, Paraguay, pur non avendo problemi di lingua, hanno voglia di mantenere il gusto della loro cultura diversa e soprattutto nell’esprimere la loro religiosità. Si vedono segnali di attenzione perché la loro diversità non sia mortificata.Il coraggio dei piccoli passiLa Migrantes e la Conferenza Episcopale Italiana vogliono sostenere i missionari e i preti italiani che intendono dare attenzione alla componente italiana che vive in Argentina.Il Direttore nazionale don Domenico Locatelli e il coordinatore argentino padre Italo Serena sono stati invitati ad esprimere una comunicazione agli operatori pastorali italiani riuniti alla Mariapolis di Buenos Aires, lo scorso mese di Dicembre. Hanno ascoltato volentieri e compreso che ci sono elementi nuovi ed interessanti circa una vicinanza e presenza pastorale da assicurare alle associazioni e alle persone italiane, anziane o giovani che siano.In diverse città dove vive una popolazione italiana consistente si riflette da tempo per discernere le linee portanti di un progetto pastorale specifico e per individuare le iniziative concrete fattibili da sostenere e realizzare. Anzitutto c’è la convinzione che le Associazioni sono da considerare come possibilità concreta e di valore per una azione pastorale che aiuti a crescere, a purificare gli anacronismi, a educare e trasmettere un contenuto cristiano che porti all’incontro con Gesù Cristo.La vita delle Associazioni fornisce spontaneamente e per tradizione, occasioni e opportunità per relazioni umane, per cammini di preparazione e istruzione, per laboratori di collaborazione e gestione condivisa, per solidarietà e accoglienza di chi è più debole.La formazione è la priorità assoluta assunta dalle associazioni, dagli operatori pastorali e dalle stesse parrocchie. Si stanno concretizzando progetti e tempi per organizzare la formazione dove si vorrebbe che le generazioni giovani fossero le protagoniste maggiori.Ci si sta aprendo a collaborazioni e sinergie tra federazioni, Istituzioni italiane civili e culturali e agenzie formative similari o comunque attente a valori umani e cristiani. Si punta alla formazione umana, culturale, spirituale e cristiana di leaders che sappiano moltiplicare interpretazioni della realtà ispirate ai riferimenti della buona notizia di Cristo: urge il bisogno di una classe dirigente nuova e credibile.Si organizzano le forze pastorali e le risorse umane degli operatori, sempre meno e sempre più anziani, su priorità di fondo riservando le migliori energie alla formazione che è da proporre in modo comunitario all’insegna di una pastorale d’insieme che sa accogliere le diversità e sponsorizzare la comunione.Per le strade, nelle chiese, in molte persone si vedono segnali incoraggianti, la speranza non è morta, si ricomincia ad aver fiducia: l’Argentina deve credere nelle proprie possibilità!