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La tragedia dei marittimi sulle navi sequestrate


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/03


LA TRAGEDIA DEI MARITTIMI SULLE NAVI SEQUESTRATE
di Giacomo Martino
PremessaIl 24 marzo 2003 si è riunita la Commissione Episcopale per le Migrazioni (CEMi) con il tema principale all’Ordine del Giorno ´La pastorale tra e con i marittimi e gli aeroportuali´ con questi interventi:- Introduzione al tema del Vescovo Incaricato di settore, Mons. Eugenio Ravignani: ´L’importanza di una pastorale di Chiesa per la gente di mare´;- Diacono Renato Causa, Coordinatore del Direttivo Nazionale dell’Apostolato del Mare: ´La Chiesa locale e l’Apostolato del mare. I centri Stella Maris, le scuole nautiche, le famiglie e i Cappellani di bordo´;- Dott. Ivo Guidi, Vice-Presidente della Commissione nazionale agenti marittimi: ´La convenzione Internazionale ILO 163 - Il welfare nei porti´;- Ammiraglio Pollastrini, Contrammiraglio di Genova e della Liguria: ´Le Capitanerie di Porto ed il rapporto con la Chiesa nazionale e locale´;- Don Giacomo Martino, Direttore Ufficio Nazionale della Pastorale degli Addetti alla navigazione marittima ed aerea: “Aeroportuali e marittimi. Una pastorale ordinaria? Il mandato della Chiesa italiana e le contraddizioni delle scelte locali”.Qui di seguito riportiamo la parte della relazione di don Giacomo Martino, che riteniamo di estrema importanza e attualità, riguardante l’emergenza delle navi sequestrate.Il mondo dei marittimiI marittimi che incontriamo nei porti italiani provengono da ogni parte del mondo. Essi ci insegnano che prima di ogni differenza culturale, religiosa o etnica, esiste la comune appartenenza al genere umano. Ma non siamo, purtroppo, solo testimoni degli aspetti positivi del fenomeno della mobilità umana.Che i marittimi imbarcati sul 10-15% delle navi della flotta mondiale lavorino in condizioni di schiavitù non è per noi solo scritto in un recentissimo rapporto di una Commissione Internazionale, lo vediamo tutti i giorni sulle navi che attraccano nei nostri porti. Siamo anche noi testimoni di “normative internazionali non rispettate, assenza di misure di sicurezza, orari di lavoro lunghissimi e per una paga minima o addirittura senza alcun compenso, liste nere per i marittimi che aderiscono ai sindacati”.Su alcune di queste situazioni limite sentiamo urgente attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni. In diversi porti italiani ci sono navi sotto sequestro da mesi o addirittura da anni, per insolvenza di carattere economico delle società armatrici. Gli equipaggi di tali navi, pur non avendo commesso alcun reato, sono costretti a stare a bordo per motivi di sicurezza del porto, vivono in uno stato simile a quello dei carcerati se non peggio, privi di salario e di qualsiasi sostegno sociale e sanitario, lontano dal proprio paese, dalle proprie famiglie e dai propri figli.Le navi sequestrateA puro titolo esemplificativo, ma non esaustivo, citiamo gli uomini della nave ´Odessa´, ucraina, sequestrata nel porto di Napoli già dal 1995. Per oltre 7 anni l’equipaggio ha vissuto della solidarietà di pochi volontari. Vladimir Lobanov, comandante della ´Odessa´, e gli otto membri del suo equipaggio si sono ritrovati, dall’oggi al domani, da professionisti del mare a derelitti in lotta per la sopravvivenza. In Italia, sono oltre 21 le navi sequestrate nei porti italiani per motivi di sicurezza o per inadempienza contrattuale dell’armatore. In parole povere parliamo di centinaia di persone, solo in Italia, lontane da casa per mesi e a volte per anni. Parliamo di famiglie intere, abbandonate, distrutte da gravi situazioni economiche e personali. Una normativa inadeguata fa si che gli equipaggi rimangano a loro volta relegati su queste navi; arrestati senza colpa, cittadini del porto in cui si trovano senza alcun diritto; nemmeno quello di allontanarsi troppo dalla nave. Abbandonare l’imbarcazione, senza il consenso dell’armatore inadempiente, significa perdere ogni diritto al salario maturato, diventare dei clandestini in Italia ed una sorta di disertori nel proprio paese. Quale dignità per gli equipaggi delle navi sequestrate a Trieste, Venezia, La Spezia, Ancona, Bari, Brindisi, Napoli, Augusta e chissà in quali altri porti? La colpa di queste persone è solo quella di aver cercato un lavoro per guadagnare onestamente i quattrini da portare a casa. Disonesti, invece, sono stati i loro armatori farabutti, delinquenti legalizzati, veri speculatori di uomini, donne e famiglie.Un libro non solo di fotoSiamo di fronte ad un vuoto istituzionale e legislativo in materia di tutela dei diritti civili dei lavoratori del mare, ed è impensabile che solo il volontario possa supplire, con interventi di emergenza, a questo vuoto enorme e deprecabile per una società che si è affacciata al terzo millennio!. La Migrantes e l’Apostolato del mare hanno partecipato all’edizione di un libro di fotografie. Da questo sforzo nasce un progetto che prevede, attraverso una mostra fotografica, tavole rotonde, coinvolgimento delle scuole nautiche e quant’altro, la nascita di nuove realtà di accoglienza in tutti i porti italiani; la creazione di una rete solida di cooperazione nella sensibilizzazione e aiuto vicendevole. Le parole e le immagini devono, nel nostro mandato di Chiesa, tradursi nella quotidiana concretezza.Sin dal primo momento, d’accordo, con l’autore, abbiamo identificato il libro come una sorta di passepartout, un oblò attraverso il quale affacciarsi alla realtà del marittimo anche nel suo vivere quotidiano. Assieme alla presentazione dell’autore e del regista Tornatore troviamo poche righe del nostro direttore nazionale, don Giacomo Martino, che vi riportiamo per comprendere con quale atteggiamento la Chiesa si avvicina a questi abbandonati del mare: Né in Cielo? …….. Abbiamo cercato per anni di comunicare con la gente e le città, di far comprendere a gesti e a parole l’abbandono, la miseria, l’inerzia e la solitudine di centinaia, migliaia di equipaggi confiscati con le loro navi disseminate nei porti del mondo. Inutilmente. L’uomo e le donne di mare, oggi più di ieri, sono i fantasmi che quotidianamente sfiorano le nostre città, sbucano dalle navi per le operazioni d’imbarco o una veloce telefonata a casa per riscomparire subito dentro le lamiere come scarafaggi colpiti dalla luce; sempre “stranieri in ogni porto”.Per conoscere e condividereIl flash di Stefano, l’artista di questo volume, non li ha intimoriti ma discreto ci ha riportato delle immagini che raccontano vite intere e assenze insanabili. Nel suo lavoro si è avvicinato condividendo sentimenti e confidenze senza mai forzare l’obiettivo sui volti delle persone. è passato da Ravenna, Genova, Venezia, Trieste e Fiume scoprendo anche le nostre realtà di volontariato, altrettanto sconosciute, che nei porti operano giornalmente per accogliere, incoraggiare e spesso soccorrere la gente di mare. Volontariato cattolico dell’Apostolato del Mare ma anche di tanti altri gruppi ed associazioni religiosi e laici. Un volontariato di frontiera in cui tutti, a qualunque razza, religione o cultura appartengono si possono riconoscere, oltre le bandiere.L’accoglienza mette l’uomo di mare sempre al primo posto perché possa, distante dalla famiglia, incontrare una casa lontano da casa. La cooperazione fra i centri di diversa ispirazione è straordinariamente totale e Stefano lo ha toccato per mano chiedendomi di scrivere queste due righe a nome di tutti perché nessuno si senta escluso. L’ho fatto volentieri perché questo lavoro è vero.Una goccia nel mare? Forse sì; ma se non c’è posto né in terra, né in mare speriamo che un sorriso e una mano tesa restituisca a queste persone un po’ di Cielo... così come ciascuno di loro se lo immagina.