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Intervento all'incontro delle Associazioni Ecclesiali tenutosi al Teatro Carlo Felice

Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro

Intervento all´incontro delle Associazioni Ecclesiali tenutosi al Teatro Carlo Felice.


Cari amici, carissimi giovani
1. Devo rilevare, anzitutto, un filo rosso tra Tor Vergata e questo incontro di Genova: non solo per il titolo che avete scelto "Sentinelle del mattino: guardiamo il G8 negli occhi" e per la conclusione del Manifesto "ai Leader del G8" con la citazione delle parole del Papa la cui voce abbiamo potuto riascoltare con profonda emozione, ma soprattutto per l´introduzione che fa da fondamento al Manifesto, splendidamente incentrata sulla persona umana e sulla sua dignità incommensurabile e inviolabile.
La persona umana: è questo il "cuore" stesso della dottrina sociale della Chiesa. In tal senso ricordo uno striscione che è stato posto sul frontale della cattedrale di Saint Dènis a Parigi in occasione di un pellegrinaggio di Giovanni Paolo II. Vi era scritta questa frase: "Un giovane lavoratore vale più dell´universo". Quanti striscioni dovremmo appendere un po´ dappertutto con formulazioni diversissime eppure monotone, perché terminanti allo stesso modo "vale più dell´universo". Questa frase, ad esempio: "Un bambino africano colpito da AIDS vale più dell´universo".
La persona umana: è questo il criterio - non affatto astratto o lontano o estraneo ai problemi della vita, bensì estremamente concreto e incisivo - per giudicare l´attuale processo di globalizzazione e per affrontare, ossia assumere le nostre responsabilità a suo riguardo. Siamo di fronte ad un processo "storico" e dunque ambivalente, carico di potenzialità e di minacce, che l´uomo deve affrontare con la sua libertà, essendo egli della storia non un destinatario passivo ma un soggetto attivo e responsabile. Come dice il Papa: "La globalizzazione sarà ciò che le persone ne faranno".


2. Noi, come uomini e come cristiani, siamo per una globalizzazione ben precisa e definita: siamo per una globalizzazione "umana e umanizzante", secondo il principio "evangelico" - semplicissimo, eppure fo
rmidabile e rivoluzionario - che non è l´uomo per la globalizzazione, ma è la globalizzazione per l´uomo!
Ciò significa che la visione dell´uomo come persona discerne, distingue, separa i contenuti veramente umani, e dunque positivi, da quelli disumani e disumanizzanti e dunque negativi: per accogliere i primi e per rifiutare i secondi. Per questo, di fronte alla globalizzazione siamo pronti a pronunciare dei "sì" e insieme a gridare categoricamente anche dei "no".
Volendo esemplificare, rileviamo sinteticamente qualche tratto fondamentale della persona umana, con la sua immediata ricaduta sulla globalizzazione. Così, la persona è un essere non unidimensionale ma pluridimensionale, fatto di corpo e di anima: ha pertanto bisogno non solo dei beni materiali, come il cibo, il lavoro, la casa, ecc., ma anche e non meno di altri beni, come la salute, l´istruzione, la libertà, la partecipazione alla vita sociale, gli affetti, ecc. Sono allora tutti questi beni che chiedono di essere globalizzati, ossia assicurati a tutti. Non dimentichiamo: il mendicante Lazzaro ha diritto non solo alle briciole, ma anche al pane, anzi al convito, al luogo cioè dell´incontro interpersonale, del dialogo, della comunione, della fraternità, dell´amicizia, della gioia di vivere.
La persona umana è un essere in relazione, un io aperto al tu, secondo cerchi concentrici che vanno dal nucleo di base - che è la famiglia- sino ai gruppi, alle comunità, all´intera famiglia umana. Si tratta di relazioni "umane", che nascono e crescono sulla base di "diritti" che sono assolutamente eguali in tutti gli uomini: i diritti dei deboli non sono diritti "deboli", ma diritti del tutto eguali a quelli dei forti, dei grandi, dei ricchi! E ciò vale non solo per i singoli, ma anche per i popoli. E´ questione di giustizia, prima ancora che di solidarietà!
E per concludere: l´uomo è un essere etico, cosciente e libero, responsabile in coscienza di fronte a sé stesso, agli altri, a Dio (il vero e unico "Grande"
della terra e del cielo!), chiamato pertanto ad accogliere e a vivere le istanze etiche della giustizia, della solidarietà e della fraternità. E questo per essere veramente uomo, coerente cioè con la propria dignità personale!


3. Nell´abituale discorso sulla globalizzazione la tendenza prevalente, se non esclusiva, è quella di voler esercitare una "pressione" sugli altri. Non c´è dubbio: questo è lecito, anzi è doveroso, perché "tutti siamo veramente responsabili di tutti" (Giovanni Paolo II, Sollecitudo rei socialis, n. 38). Di qui le richieste rivolte in particolare agli operatori economici e finanziari, e ancor più - nonostante la loro debolezza - ai responsabili della politica. Ed è in questa direzione che si muove anche il manifesto "ai Leader del G8".
E´ necessario però premere anzitutto su noi stessi: noi per primi siamo interpellati, sfidati nella nostra libertà, che deve pertanto farsi massimamente seria e responsabile. Occorre il coraggio di investire in pienezza ciascuno la propria libertà, "segno altissimo dell´immagine di Dio nell´uomo" (Concilio vaticano II, Gaudium et spes, n. 16).


4. Ma perché e come coinvolgerci con la nostra libertà e responsabilità?
"Perché?". Due fatti emergono, in particolare. Il primo è che i popoli "poveri" del mondo - le prime "vittime" di una certa globalizzazione - sono anche i popoli "giovani": la maggioranza dei giovani della terra! Il secondo: proprio i giovani sono i costruttori del mondo nei prossimi decenni, in questo nuovo secolo del terzo millennio! Perché allora non instaurare un vero e proprio feeling tra i giovani del Nord e i giovani del Sud? Tocca a noi, giovani del Nord, affrontare e risolvere il divario che ci allontana e ci separa dai nostri coetanei del Sud!
"Come?". Le modalità sono diverse e passano attraverso una rinnovata coscientizzazione della "soggettività" della società civile, e dunque delle potenzialità e delle responsabilità che toccano ciascuno di noi come cittadini del mondo intero.
In concreto rileviamo tre strade da percorrere: quella del volontariato, destinato alla costruzione del "villaggio globale" (dove l´accento è da porsi sul "villaggio", come luogo di incontro, di dialogo, di partecipazione libera e responsabile, di condivisone, di servizio); quella della partecipazione fiduciosa e coraggiosa alla vita politica, come forma privilegiata di carità sociale; quella della testimonianza personale di vita (una vita più sobria, una condivisione più generosa e costante delle situazioni più varie di povertà, il riconoscimento effettivo della funzione sociale della stessa proprietà privata, ecc.).


5. Ma c´è un "perché" e un "come" che risultano essere tipici e originali per noi cristiani, in forza della nostra fede e della nostra carità. A noi cristiani, infatti, viene affidato da Dio stesso, in Gesù Cristo il Figlio fatto uomo, per mezzo dello Spirito, il compito faticoso ed esaltante di costruire un mondo più unito e più solidale.
C´è una dottrina sociale della Chiesa che chiede di essere riscoperta e vissuta, non solo a livello di conoscenza, ma anche a livello di realizzazione coraggiosa e profetica, nel segno del dialogo e della speranza, e con l´obiettivo fondamentale della pace!
Come cristiani dobbiamo essere seri e gioiosi ad un tempo, consapevoli della verità che "Chiunque segue Cristo, l´uomo perfetto, si fa lui pure più uomo" (Gaudium et spes, n. 41).


Dionigi Card. Tettamanzi
Arcivescovo di Genova




Card. Dionigi Tettamanzi - Arcivescovo di Genova