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ICMC: 50 anni a servizio di migranti e rifugiati


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 4/01


-ICMC: 50 ANNI AL SERVIZIO DELLA CAUSA DI MIGRANTI E RIFUGIATI
di Stefano Zamagni
CinquantŽanni fa nasceva la Commissione Cattolica Internazionale per le Migrazioni (ICMC). Per celebrare questo giubileo la Fondazione Migrantes ha organizzato a Verona (26-27 giugno 2001) un convegno dal tema "Il servizio della Chiesa alle migrazioni, oggi".Dopo le relazioni del presidente della CEMi, Mons. Alfredo M. Garsia e del direttore generale della Migrantes, mons. Luigi Petris, sono stati trattati attuali temi riguardanti lŽimmigrazione, come "Dialogo con i musulmani: sfida del duemila" (don A. Negri), o "Le prostituite straniere e i loro clienti" (sr. C. Biondi). Sono stati inoltre presentati i risultati di una ricerca compiuta sullŽemigrazione italiana dalle studiose Donatella Strangio (Univ. La Sapienza, Roma) e Pia Toscano (Univ. Cassino).NellŽultima giornata hanno relazionato il presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti, Mons. Stephen F. Hamao, lŽeconomista Stefano Zamagni, presidente dellŽICMC, ed il Delegato dellŽAcnur in Italia, Ana Liria-Franch.Il 1951 è lŽanno in cui nasce lŽInternational Catholic Migration Commission. Terminata da poco la II guerra mondiale, lŽEuropa Occidentale si trova a dover fronteggiare una drammatica emergenza: milioni di rifugiati e di "migranti forzati", in fuga dai paesi dellŽEuropa Centro-Orientale, versano in situazioni disperate. La Chiesa Cattolica, da sempre attenta ai bisogni concreti della condizione umana, percepisce subito che è necessario coordinare, in modo efficace e razionale, gli sforzi delle varie organizzazioni cattoliche, già operanti nel campo. Nel 1951, il laicato e il clero italiano, tedesco e americano, sotto la guida e lŽimpulso della Segreteria di Stato nelle persone dellŽarcivescovo G.B. Montini e del card. Joseph Frings, avviano la costituzione dellŽICMC. LŽanno seguente, il papa Pio XII nella Costituzione Apostolica, Exsul Familia, presenta ufficialmente al mondo la nuova creatura.I risultati conseguiti, non solamente sul fronte dellŽemergenza, ma anche su quello degli interventi di carattere più strutturale, sono fin da subito esaltanti, come documenterà il volume sulla storia di questo primo mezzo secolo di vita dellŽICMC, di prossima pubblicazione. Oggi, la Commissione ha propri uffici e centri operativi in 21 paesi di tutti i continenti, e intrattiene stretti rapporti di cooperazione e di partenariato con organismi similari esistenti nei vari paesi. Per la precisione, la Commissione comprende 95 membri, fra effettivi ed affiliati, provenienti da ben 82 paesi. I componenti dellŽAssemblea sono nominati dalle Conferenze Episcopali dei paesi aderenti e dalle Organizzazioni cattoliche nazionali che operano nel campo dei migranti e dei rifugiati(*). I membri del Comitato Esecutivo, in numero di 11, sono eletti dellŽassemblea in modo tale che tutte le regioni del globo siano rappresentate. Il Presidente è eletto, ogni quattro anni, a scrutinio segreto dallŽAssemblea per un solo mandato. La Commissione è registrata come ONG (Organizzazione Non Governativa) in Svizzera (Ginevra), dove ha la propria sede il Segretariato Generale. Gli Statuti e i candidati alle posizioni di Presidente e di Segretario Generale sono soggetti alla preventiva approvazione della Segreteria di Stato. Il collegamento, stretto e oltremodo fruttuoso, tra ICMC e Santa Sede avviene per il tramite del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e Itineranti, il quale esprime un suo rappresentante nel Comitato Esecutivo.Come si può comprendere, lŽassetto giuridico-istituzionale dellŽICMC è affatto unico allŽinterno della variegata galassia delle organizzazioni e organismi cattolici. Due le caratteristiche salienti. Primo, i "soci" dellŽICMC sono le Conferenze Espiscopali di 82 paesi e i rappresentanti di 13 organizzazioni nazionali - una base, dunque, altamente rappresentativa, sotto il profilo della democraticità, dei portatori dei molteplici interessi che la Commissione tutela e cerca di soddisfare. Ciò costituisce il più efficace antidoto a quel rischio di autoreferenzialità che pare colpire non poche delle ONG oggi operanti sulla scena globale. Secondo, le regole che assicurano, per un verso, lŽavvicendamento delle posizioni nelle varie cariche, unitamente alle modalità di elezione, e per lŽaltro verso la certificazione e pubblicazione del bilancio annuale, costituiscono la migliore garanzia di trasparenza e accountability per una organizzazione che muove ingenti risorse finanziarie, in aggiunta a quelle umane.Al solo scopo di offrire unŽidea dellŽordine di grandezza delle attività svolte dallŽICMC, si può ricordare che nel corso del 2000 la Commissione ha assistito 37.093 persone in posizione di estrema vulnerabilità (sradicati e rifugiati) in Albania, Kosovo, Bosnia e Erzegovina e Repubblica Federale di Yugoslavia. In questa stessa regione, sono state realizzate operazioni di microcredito e programmi di prestito a piccole imprese per un giro complessivo di 6.500.000 $. Ciò che è valso ad espandere e a far nascere 6200 piccole imprese con la creazione di 15.000 nuovi posti di lavoro. La Commissione ha aperto nuovi uffici di rappresentanza in Eritrea, Repubblica Democratica del Congo, e in Thailandia. Ha poi istituito Uffici Regionali di Collegamento in Asia meridionale e orientale, in Africa e in Medio Oriente. Sul fronte specifico dei rifugiati, ICMC è riuscita, sempre nel 2000, a sistemare negli USA 9500 fuggitivi della Croazia, Turchia, Pakistan, Libano, Siria, Yemen, Kuwait e Cipro. Ha assistito 800 rifugiati nello Zimbabwe attivando corsi di formazione al lavoro e interventi specificamente mirati alle donne.Sul fronte dei migranti per ragioni socio-economiche, 180.000 sono state le persone assistite mediante la fornitura di servizi reali, quali: corsi di formazione professionale; corsi di lingua; servizi igienico-sanitari; assistenza psicologica ai traumatizzati. Particolare attenzione è stata rivolta alle donne e ragazze cadute nella rete a maglie fittissime dellŽindustria criminale del sesso. Quindici sono stati i progetti di sviluppo locale in Egitto, Sud Africa, Namibia, India, Filippine, Nicaragua, Costa Rica, Brasile, Armenia che la Commissione ha ideato e realizzato per favorire lŽaccumulazione di quella specifica risorsa per uno sviluppo duraturo e sostenibile che è il capitale sociale. Invero, è ormai cosa nota che nei paesi più poveri, massimi generatori di flussi migratori, il vero fattore limitazionale dello sviluppo, più ancora che il capitale fisico e quello umano, è il capitale sociale, inteso quale trama di rapporti di fiducia e di reciprocità in essere tra le persone. è a questa specifica carenza che mira lŽazione della Commissione: come è avvenuto, nel 2000, in Kosovo, Timor Est, Thailandia e Filippine. In questŽultimo paese, la realizzazione di un progetto volto a creare un centro per la gestione delle rimesse provenienti dagli emigrati ha sortito risultati veramente sorprendenti.Nel 2000, anno del grande Giubileo, ICMC ha approvato il suo piano strategico quinquennale. Questi i punti essenziali, che costituiscono altrettanti obiettivi di azione. Primo, mirare ad accrescere i servizi di comunità a favore dei più vulnerabili e deboli tra migranti e rifugiati. LŽidea di base è quella di coinvolgere direttamente, fin dalla fase della progettazione degli interventi, le comunità diocesane e parrocchiali e ciò in linea con quanto esige il principio di sussidiarietà (orizzontale). Secondo, collaborare fattivamente alla creazione di una rete tra tutte quelle organizzazioni cattoliche che operano nel settore in questione: dalla Caritas alle organizzazioni poste in essere da numerose Congregazioni religiose (Gesuiti, Francescani, Domenicani e altre). Si tratta infatti di arrivare alla massa critica se si vuole incidere sulla realtà. Terzo, attivarsi perché la voce o il punto di vista della Chiesa Cattolica possa giungere in tutti i Forum internazionali che si occupano del problema migratorio. è questa unŽazione di advocacy quanto mai opportuna e pertinente in questa fase storica. Un esempio valga per tutti. è stata lanciata, lŽanno scorso, la campagna globale per la Ratifica della Convenzione sui Diritti dei Migranti e delle loro Famiglie. La convenzione, approvata dallŽAssemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1990, alla fine di marzo 2001 era stata ratificata solamente da 16 paesi, tutti in via di sviluppo. Ma la convenzione, per iniziare ad essere operativa, necessita la ratifica di almeno venti paesi. E precisamente questo tipo di advocacy che ICMC intende perseguire. Quarto, conservare e possibilmente accrescere gli elevati livelli di competenza professionale acquisita sul campo per porla al servizio di tutti quei paesi che intendono servirsene. è noto che sia gli Usa e il Canada sia lŽUE stanno utilizzando, a piene mani, lŽesperienza dellŽICMC nel disegno delle proprie politiche di immigrazione. Quinto, porre a disposizione delle strutture delle chiese locali dei paesi in via di sviluppo lŽexpertise e il capitale umano dellŽICMC, affinchè queste possano conseguire nei propri contesti, lŽautorevolezza necessaria per poter incidere a livello sia politico sia socio-economico.Il 15 settembre 2001, ICMC celebrerà ufficialmente a Ellis Island (New York), proprio nel luogo simbolo dellŽimmigrazione europea negli USA - oggi sede del celebre Museo dellŽImmigrazione - i suoi primi 50 anni di attività e di non comuni realizzazioni. è questo un traguardo per certi versi esaltante. Le 430 persone dellŽICMC che, a tempo pieno, lavorano con passione e intelligenza alla realizzazione dei vari programmi di attività - di queste solo dieci sono impegnate presso il segretariato di Ginevra - non potevano attendersi migliore e più gratificante riconoscimento di quanto scrive Giovanni Paolo II nel suo messaggio per lŽ87-esima Giornata Mondiale delle migrazioni, datato 2 febbraio 2001: "I cinquantŽanni di storia di quellŽassociazione (ICMC), con gli adeguamenti adottati per meglio fare fronte al variare delle situazioni, testimoniano quanto sia stata multiforme, attenta e sostanziale la sua attività. Intervenendo alla seduta inaugurale tenuta il 5 giugno 1951, il futuro pontefice Paolo VI si soffermava sulla necessità di abbattere gli ostacoli che impedivano le migrazioni per dare possibilità di lavoro ai disoccupati e un rifugio ai senza tetto, aggiungendo che la causa della neonata Commissione Internazionale per le Migrazioni era la stessa causa di Cristo. Sono parole che conservano per intero la loro attualità. Mentre rendo grazie al Signore per il servizio prestato, esprimo lŽaugurio che detta Commissione possa proseguire nel suo impegno di attenzione e di aiuto ai rifugiati ed ai migranti con un vigore tanto più sollecito quanto più difficili e incerte si prospettano le condizioni di queste categorie di persone" (n.7).Proprio queste parole devono spingerci ad andare oltre i risultati fin qui conseguiti, per raccogliere le nuove sfide che lŽattuale passaggio dŽepoca pone alla nostra carità e al nostro senso di responsabilità. Non ci nascondiamo certo le difficoltà e le insidie insite nel nostro lavoro. Come in tutte le imprese umane, immaginare che la questione migratoria nellŽera della globalizzazione non rechi tassi anche elevati di conflittualità sarebbe ingenuo. Ci sostiene tuttavia, dandoci lŽenergia necessaria, la speranza, quella virtù così efficacemente descritta da Charles Paguy quando scrive "La virtù che più amo è la speranza. In mezzo alle due sorelle maggiori sembra lasciarsi tirare. Mentre è lei a far camminare le altre due".