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Disabilità, Contributi dalle diocesi
I laici per la missione della Chiesa nel terzo millennio
Palermo



Ufficio Catechistico Nazionale - Pastorale e disabili


IV CONVEGNO DELLE CHIESE DI SICILIA - Marzo 2001
"I laici per la missione della Chiesa nel terzo millennio"
ARCIDIOCESI DI PALERMO
Centro Pastorale Disabili


Un po´ di storia
Da circa cinque anni si svolgono nella Chiesa di Palermo alcune attività in vario modo attente alle persone disabili ed alle loro famiglie.
All´inizio ci siamo guardati attorno per capire le esigenze della nostra diocesi e, contemporaneamente, abbiamo notato la quasi assenza delle persone disabili all´interno delle comunità ecclesiali, abbiamo sperimentato la carenza di integrazione delle poche presenti, prendendo pure atto delle gravi barriere culturali, oltre che architettoniche, esistenti e della solitudine in cui spesso le persone disabili e le loro famiglie si ritrovano. Tutto questo è avvenuto dopo diversi incontri con persone che questa disabilità la vivono su di sé o nella propria famiglia.
Ci siamo accorti, con stupore, che il parlare e fare esperienza dell´essenzialità di cui vivono molte persone disabili, ha messo in discussione il nostro stesso vissuto, spesso pieno di cose apparentemente essenziali ma in realtà assolutamente inutili; abbiamo scoperto che la diversità è un valore che ci rende unici.
Nel maggio del 1999, a partire da queste constatazioni, nasce il Centro di Pastorale Disabili.
Esso è un servizio diocesano che ha come destinatari i disabili (offrendo loro l´opportunità di esprimere le proprie potenzialità, cercando di costruire ponti e non solitudini, in una dovuta rete di normali relazioni di reciprocità), le loro famiglie (dando loro sostegno nel traumatico momento in cui devono fare i conti con la sofferenza di una vita diversa e nella difficile quotidianità) e tutta la comunità (con l´obiettivo di sensibilizzarla e sostenerla nel favorire l´integrazione delle persone disabili). In sintesi, questo servizio propone un cammino comune per scoprire insieme il riscatto della croce e la gioia della risurrezione.
Ci piace sottolineare che già il Centro è una e
sperienza di valorizzazione delle diversità e dei carismi di ciascuno. Per noi è molto significativo che tanto di quello che abbiamo imparato, lo abbiamo appreso dal modo coraggioso e vivace con cui alcune famiglie hanno affrontato la disabilità.


La pertinenza di un Centro diocesano disabili
L´esperienza di un Ufficio Pastorale, che si occupi specificatamente delle persone disabili, è la prima in Italia. Nelle altre diocesi il servizio che esso svolge è demandato ad una commissione o dell´Ufficio Catechistico o dell´Ufficio per la Pastorale della Salute e questo finisce per sviluppare la pastorale solo in un suo aspetto particolare non tenendo conto invece di numerosi altri, ad esempio che la persona disabile può anche essere un giovane che ha voglia di stare con tutti gli altri giovani, che può fare parte di una famiglia che ha bisogno di sostegno, che può essere uno sportivo, che può essere un anziano che fa tutti i giorni i conti con l´emarginazione e la solitudine. La possibilità di un Centro come il nostro ci aiuta a considerare un po´ di più tutti questi aspetti, permettendoci un lavoro di coordinamento con gli altri Uffici Pastorali, sostenendoli in una pastorale che tenga conto di tutto il Popolo di Dio.
Si è attivata una collaborazione con l´Ufficio Catechistico, supportandolo e stimolandolo per quanto riguarda la delicata opera d´evangelizzazione nei confronti anche di persone con gravi deficit. Constatiamo con piacere che già in alcune parrocchie sono inseriti bambini e fanciulli disabili con belle ed edificanti esperienze per tutta la comunità parrocchiale.
Con il Centro di Pastorale della Salute si lavora sulla promozione culturale e sulla formazione dei volontari. Abbiamo iniziato una collaborazione con il Centro dello Sport e del Turismo per favorire l´inserimento delle persone disabili nelle manifestazioni sportive.
Con il Centro di Pastorale Familiare si spera di avviare un progetto comune per il sostegno e la formazione delle famiglie. Con
il Centro di Pastorale Penitenziaria ci piacerebbe molto avviare un´azione di volontariato delle persone disabili nelle carceri. Questo si fa già nella dicesi di Torino dove alcune persone sordomute insegnano ai detenuti il loro modo di comunicare, ottenendo un ottimo risultato e instaurando relazioni di amicizia capaci di oltrepassare gli empasse che talvolta sembrano mortificare la vita.
Con la Caritas il collegamento è fittissimo e finalizzato ad un aiuto concreto. Si cerca di attivare una rete "intelligente" di solidarietà attorno a quelle famiglie che rischiano di scoppiare sotto un peso insostenibile. Molto bella e particolare è la collaborazione con il Centro di Pastorale Giovanile. Per la GMG eravamo presenti anche noi con un gruppo di 41 persone diversamente abili, ed è stata una fortissima esperienza d´integrazione ed evangelizzazione: siamo partiti distinti in accompagnatori ed accompagnati e siamo tornati tutti accompagnati da Cristo.
Con il Centro di Pastorale Universitaria abbiamo avviato un corso di formazione umana: "Noi: il mio amico handy e io". Molti giovani universitari vi partecipano con attenzione e con essi intendiamo in seguito concretizzare, con attività di integrazione e socializzazione, quanto abbiamo appreso. La particolarità del corso consiste nel fatto che tra i relatori vi sono persone che vivono sulla propria pelle l´handicap di una comunità standardizzata.
Da qualche mese è iniziata anche un´attività di scambio e sostegno con altre diocesi, in particolare, con quelle di Torino, Jesi, Vicenza, Trani, Bologna, Reggio Calabria e Trento. Con esse ci siamo incontrati a Torino in un "Campo di luce", una vacanza-dialogo tra persone disabili e animatori-catechisti.
Dal 27 novembre 2000 ci siamo affiancati alla realtà educativa del Seminario Arcivescovile con alcuni incontri d´animazione spirituale di gruppi diversabili guidati dai diaconi che si preparano a diventare presbiteri. Con ciò si è avuto il duplice vantaggio di ricevere da q
uesti giovani ministri ordinati, le primizie del loro servizio e di dare loro l´opportunità di un approccio sereno e concreto al tema della disabilità.
Molto interessante e proficua è la collaborazione con quelle Parrocchie che ci hanno richiesto sostegno a vario titolo: catechesi, promozione culturale, etc.
La nostra presenza a questo Convegno, infine, è indice non del fatto che ci siamo noi, con tutto quello che sappiamo fare o abbiamo tentato di fare, ma piuttosto che ora è la Chiesa di Palermo che si muove e cammina. E´ questo ciò che noi abbiamo desiderato e che dà ragione dell´esistenza del Centro Pastorale Disabili.


Dalla paura dell´incontro alla scoperta di essere dono a sé e agli altri: alla scuola della comunione
Molti operatori pastorali motivano il loro disimpegno evidenziando la scarsa quantità di persone disabili presenti nella comunità, o la necessità di riferirsi e delegare a persone o enti specializzati. Ma non bisogna dimenticare che molte persone disabili per uscire da casa hanno bisogno che qualcuno li accompagni. Inoltre la loro scarsa presenza è dovuta al fatto che spesso le comunità parrocchiali si ricordano di loro per sporadiche iniziative o nella giornata del malato, con la grave conseguenza che questa porzione del popolo di Dio viene tagliata fuori dalle attività catechetiche e pastorali della parrocchia o ne rimane semplice spettatrice. Riguardo poi alla richiesta di competenze e di strutture adeguate, non si può che essere d´accordo, ma ciò non toglie la possibilità di investire sulla nostra capacità di accoglienza nei confronti di chi ci appare diverso da noi, di investigare le profonde e insospettate possibilità di comunicare che il Creatore ci ha donato e di restituire alla persona disabile il suo diritto di essere con noi, anzi di restituirci l´un l´altro la gioia di riscoprire insieme la nostra dignità di uomini e di cristiani.
Il doverci confrontare con persone dall´aspetto a volte non gradevole e con notevoli difficoltà ne
lla comunicazione, ci ha insegnato ad andare oltre quello che superficialmente si vede e si ascolta. Ad ascoltare silenzi, ad ascoltare quel linguaggio non verbale che, nonostante abbia grande importanza nella comunicazione, viene spesso zittito causando incomprensioni. Questo ha migliorato la nostra capacità di entrare in dialogo con ogni persona dove per dialogo si intende lo spogliarsi di sé, dei propri pregiudizi e luoghi comuni per fare spazio all´altro. Ecco perché l´attenzione alle persone disabili non significa restringere il proprio campo di azione ma renderlo più ampio. Significa accogliere l´ultimo così come Gesù ci ha insegnato partendo dalla persona e dalla sua storia e non da ciò che di lei pensiamo.
Uno dei temi di riflessione di questo Convegno è la famiglia. Spesso durante i lavori di preparazione ci siamo detti che la parrocchia è famiglia di famiglie. Ma che esperienza fa la famiglia nella comunità parrocchiale dei cosiddetti ultimi? Li vede accolti e valorizzati come dono di Dio? O piuttosto li vede il più delle volte solo usufruitori dei servizi parrocchiali?
Quando una coppia scopre di aspettare un bambino che presenta delle malformazioni, spesso compie la dolorosissima scelta dell´aborto e noi non "abortiamo" forse ogni volta che non diamo la possibilità a tutti, indipendentemente dalle abilità, di prendere coscienza della propria dignità all´interno della comunione ecclesiale?
Nello strumento di lavoro per la preparazione a questo Convegno si intravede nella società odierna, in cui l´economia tende fortemente a diventare criterio di fondo di tutti gli ambiti di vita, il rischio di una omologazione culturale. Ma noi agiamo forse altrimenti quando nella diversità non riusciamo a cogliere un valore? In conclusione ci priviamo della forza di evangelizzazione che è propria di quelle persone che, vivendo una situazione di grave sofferenza, tuttavia testimoniano l´amore del Padre. Il Papa nella Novo Millennio Ineunte ci invita:"Fare della Chiesa
la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia… Spiritualità della comunione è capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c´è nell´altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio: un "dono per me", oltre che per il fratello che lo ha direttamente ricevuto… Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz´anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e crescita" (n° 43).
"L´unità della Chiesa non è uniformità, ma integrazione organica delle legittime diversità… E´ necessario perciò che la Chiesa del terzo millennio stimoli tutti i battezzati e cresimati a prendere coscienza della propria attiva responsabilità nella vita ecclesiale" (n° 46).
"Dobbiamo per questo fare in modo che i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come a "casa loro". Non sarebbe, questo stile, la più grande ed efficace presentazione della buona novella del Regno?" (n° 50).
Quando abbiamo ceduto alla logica della quantità e della delega le nostre comunità diventano maschere di comunione più che sue vie di espressione e crescita.


Alcune sottolineature


Il ghetto dietro l´angolo
L´errore in cui non vorremmo incorrere come Centro Pastorale Disabili e da cui vorremmo mettere in guardia è quello di cadere nuovamente nella ghettizzazione. L´equilibrio, infatti, tra il rivolgere l´attenzione e il considerare, nonostante tutto, l´altro come troppo diverso, come referente passivo di una relazione interpersonale non paritaria, è molto fragile. Ancora più insidioso è il pericolo di insistere tanto sulla forza provocante che la disabilità ha per la comunità, da sfociare in una forma di spettacolarizzazione. Non è neanche facile mediare tra forme di autentica integrazione e forme, pur necessarie, di aggregazioni tra disabili.


Indicatore di un disagio più grande
Molte delle questioni qui trattate, ad
esempio la disponibilità ad accogliere l´altro, l´attenzione agli ultimi, la tendenza a costruire relazioni paritarie mature, etc., sono facilmente generalizzabili ad altri fenomeni che, come la disabilità, mettono in crisi il nostro essere comunità. La domanda "Come ci poniamo dinanzi ad una persona disabile?", sebbene sia ineludibile, rimanda in fin dei conti ad una questione più profonda: "Quando la nostra comunità è piena dell´Amore?", "A quale punto siamo nel nostro cammino incontro al Signore che viene?", "Siamo cresciuti nella nostra docilità all´ascolto della Parola di Dio e del nostro prossimo?". E´ cioè in gioco il nostro dinamismo ecclesiale, la nostra corresponsione al Signore.


L´attenzione ai disabili nella dinamica tra comunità e ministeri
L´obiettivo della integrazione, personalizzazione e socializzazione delle persone disabili è un compito che riguarda tutta la comunità in ogni suo membro. Naturalmente questa diaconia della Chiesa non appiattisce le persone su di un unico servizio ma anzi presuppone una pluralità di ministeri. Non si dovrà quindi ridurre la tensione tra i due poli: da una parte il compito che è comune a tutti e, dall´altra, la molteplicità dei ministeri in cui si articola e si manifesta l´unica diaconia. Tenendo presente quanto detto, sarebbe interessante riflettere e confrontarsi sulla specificità del servizio che i laici e, tra di essi, le persone disabili possono offrire in questo ambito pastorale della disabilità.


Ministero di discernimento del Vescovo
Un ruolo quanto mai delicato compete a coloro che nella Chiesa esercitano un ministero ordinato. Tenuto conto della tensione sopra indicata e dei disagi spesso affrontati da quei disabili che non comunicano secondo le vie a noi comuni, ci sembra opportuno suggerire ai Vescovi di individuare, tra i preti e i diaconi, alcune persone cui offrire degli specifici itinerari formativi per un servizio adeguato.


Formazione dei futuri ministri ordinati e corsi di aggiornamento d
el clero
Talvolta si riscontra con amarezza un certo disagio e una certa insensibilità proprio in coloro che sono le guide della comunità. Desidereremmo che, sia nel periodo della preparazione che negli anni del ministero, si lavorasse di più sulla formazione umana. Con ciò intendiamo dire che, per le molte questioni di grande attualità che richiedono una buona dose di sensibilità umana (tossicodipendenza, disabilità, pastorale familiare, pastorale giovanile…), non è sufficiente e forse neanche opportuno, proporre altrettanti corsi di formazione. E´ piuttosto ciò che è nel cuore dell´uomo che deve essere sanato, reso bello e accogliente.