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Dossier Statistico 2001


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/01


Introduzione di mons. Guerino Di ToraComitato Promotore Dossier Statistico Immigrazione
Questi i dati rilevati allŽinizio del 2001: 1.388.000 persone registrate e 1.688.000 effettivamente soggiornanti tenuto conto anche dei minori; un aumento contenuto rispetto allo scorso anno (11%), per effetto dei nuovi venuti (155.000 tra lavoratori, familiari e venuti ad altro titolo) e dei regolarizzati; unŽincidenza di quasi il 3% a fronte di una media europea del 5%; una collocazione stabile tra i grandi paesi europei di immigrazione insieme a Germania, Francia, Gran Bretagna e Svizzera; una diffusione degli immigrati in tutto il paese con una maggiore concentrazione nel Nord (55%) e nei comuni capoluogo (47%); una composizione molto variegata di gruppi nazionali (europei 40%, africani 28%, asiatici 20%, americani 12%); la copresenza di molte fedi, con la religione cristiana (48%) che viene prima di quella musulmana (37%) e delle religioni orientali (7%); una forte tendenza allŽinserimento stabile, a partire dallŽormai consistente numero dei minori (278.000) ; un crescente fabbisogno del mercato lavorativo italiano (per gli immigrati sono stati creati in un anno 110.000 nuovi posti di lavoro).In conclusione, una situazione che si dovrebbe definire come "il tempo dellŽintegrazione" e che invece vede la popolazione divisa tra lŽaccettazione e il rifiuto.Le migrazioni sono fortemente intrecciate con il problema del sottosviluppo: i flussi migratori per lo più si configurano non come libere scelte ma come movimenti forzati dalla necessità della sussistenza. Hanno suonato come campanelli dŽallarme le proteste contro una certa forma di globalizzazione e gli stessi drammatici attentati dellŽ11 settembre negli Stati Uniti, un paese che ha accolto con generosità milioni di emigrati italiani: come cristiani ispirati al messaggio di Dio che è amore e, più in generale, come persone di buona volontà non possiamo accettare la violenza, che distrugge e non riesce a creare se non paura e terrore. Dopo questa condanna senza ambiguità bisogna, per prevenire altre reazioni inaccettabili, interrogarci sulle cause che direttamente o meno stanno alle loro origini. Il primo capitolo del "Dossier" si apre con una mappa degli egoismi planetari e mostra come due miliardi di persone abbiano un reddito mortificante della dignità umana. Per rendersi conto di questa situazione bisogna prendere in considerazione i meccanismi economici e commerciali che vigono a livello globale e che accentuano le disparità anziché livellarle. In questa occasione mi limito solo a richiamare il principio della destinazione universale dei beni della terra, che costituisce uno tra i punti principali della dottrina sociale della chiesa cattolica e che così spesso viene disatteso.Di fronte a questo oceano di bisogno è utile, come si propone di fare il governo, anche detassare gli aiuti devoluti per fini umanitari, ma il problema è più ampio e bisogna predisporci a una maggiore condivisione con chi non ha. Inoltre bisogna ricordare che, anche lavorando con generosità (obiettivo dal quale siamo ben lontani), si richiedono molti anni prima che i flussi migratori possano entrare a regime.Nella situazione attuale è fuorviante pensare che lŽaiuto allo sviluppo, tanto più se poco consistente come quello concesso attualmente, faccia venire meno la necessità di emigrare. La questione, messa così, è assolutamente male impostata e finisce per essere un alibi per la nostra incuria rispetto ai paesi più sfortunati del mondo.LŽandamento squilibrato dello sviluppo mondiale, la crescita demografica nei paesi poveri e il declino demografico di molti tra i paesi ricchi, tra i quali lŽItalia, indicano che lŽimmigrazione non solo perdurerà nel corso di questo secolo ma andrà aumentando di consistenza. Poiché sono in gioco potenti cause strutturali, lo scenario è predeterminato e in esso sono inclusi i flussi migratori: possiamo modellare, indirizzare, coordinare tale scenario ma non lo possiamo sopprimere. Tenuto conto che lŽimmigrazione resterà a lungo una componente non trascurabile delle società occidentali, bisogna essere molto più attenti, nei discorsi e nei comportamenti, a non alimentare chiusure e pregiudizi di fondo nei confronti degli immigrati, tanto più che anche noi siamo stati per più di un secolo emigrati allŽestero. Sarebbe moralmente grave per il nostro paese spezzare il legame che unisce la nostra lunga storia di esodo, che ci viene ricordata da quattro milioni di italiani residenti nel mondo, e la nostra storia attuale di paese di immigrazione.In un mondo che abbiamo voluto globalizzato per lŽesportazione delle nostre merci e dei nostri servizi, perché pensare che chi viene da fuori è di per sé un pericolo? Il fenomeno migratorio, anche se comporta dei problemi, è anche una preziosa risorsa: perché non considerare la differenza un incentivo allo scambio e al dialogo? Perché non riconoscere che molti dei problemi addebitati in esclusiva o quasi agli immigrati, come quello della sicurezza, si riferiscono a una crisi di convivenza civile già in atto? Affinché lŽapertura agli immigrati sia effettiva, bisogna rendere praticabili e incentivanti le modalità di ingresso regolare e rendersi conto che le norme eccessivamente rigide finiscono per penalizzare, oltre agli immigrati, il nostro stesso paese. Questo va detto con convinzione perché vicino ai migranti non deve restare solo la chiesa e le associazioni o qualche partito ma lŽintera società, che da tale presenza trae vantaggio in questa fase storica. Non possiamo non essere per un futuro ordinato, basato sulla giustizia e sulla solidarietà, e perciò auspichiamo sul tema dellŽimmigrazione una coesione molto più ampia, come viene affermato in un brano dellŽintroduzione al "Dossier" collegialmente condiviso da tutto il Comitato promotore: "Vi sono aspetti sostanziali della politica migratoria, imperniati sul rispetto della persona umana e sul dovere dellŽaccoglienza, che non possono non essere da tutti condivisi a prescindere dalla diversa estrazione culturale e politica e che non devono essere sentiti in contrasto con lŽinteresse a politiche efficaci di sicurezza…SullŽimmigrazione non siamo allŽanno zero e sono molti i punti da considerare patrimonio comune".Se ipoteticamente fossero possibili chiusure ermetiche delle frontiere, non si lasciassero entrare nuovi lavoratori e addirittura si impedisse il ricongiungimento di coniugi e figli, i compiti della politica migratoria rimarrebbero gli stessi sul piano qualitativo. Ogni 35 residenti, già adesso uno è immigrato: spesso la cultura dei nuovi venuti e anche le loro religioni sono differenti e ciononostante sono interessati a vivere in Italia a lungo e forse per sempre. Un progetto politico valido sullŽimmigrazione deve cercare di collocare queste differenze allŽinterno di un quadro unitario di valori fondamentali, che salvaguardi la sostanza della nostra tradizione culturale e religiosa e riesca ad accettare le altre culture e le altre religioni chiedendo loro la disponibilità a inserirsi, senza contrapposizioni, in un quadro pluralista. Serve una genuina concezione della mediazione culturale, che non sia solo concepita come strumento di sostegno allŽoperatività degli uffici pubblici, ma funga da ponte e agevoli, da una parte, il processo di integrazione degli immigrati e, dallŽaltra, il mutamento della società italiana che li accoglie. Non serve demonizzare le differenze, visto che dovremo vivere insieme, e serve invece lŽimpegno di reciproco adattamento.La nostra iniziativa "Forum per lŽintercultura", che coinvolge tanti immigrati, da dieci anni promuove a Roma e anche in altre città italiane la conoscenza del "diverso" e migliaia di professori, decine di migliaia di studenti e molte persone dei più diversi ambiti societari ci hanno ringraziato per essere stati aiutati a scoprire nuovi orizzonti. Una parola va spesa anche sul dialogo interreligioso, che riguarda tutte le confessioni religiose ma desta preoccupazioni specialmente quando si tratta di musulmani. Ebbene, con molti fratelli musulmani abbiamo sperimentato la pratica della reciproca accettazione e del ridimensionamento di ciò che ci divide, per cui diventa fondato sperare che i leader musulmani formatisi nel mondo dellŽimmigrazione col tempo siano in grado, anche nei confronti dei paesi di appartenenza, di contribuire a ridimensionare spigolosità dottrinarie e tradizioni assolutizzanti che, per il fatto di negare uguale dignità agli altri, non possono venire da Dio ma da tradizioni storiche oggi non più accettabili.Ricollegando questi grandi principi di convivenza con lŽattualità, devo dire che il disegno di legge sullŽimmigrazione recentemente proposta dal Governo desta in noi non poche preoccupazioni perché, come è stato autorevolmente evidenziato dalla CEI, è orientato in senso piuttosto restrittivo e già ora fortemente discusso, in attesa del confronto nelle sedi istituzionali. Come Caritas di Roma, sullŽesempio dellŽindimenticabile don Luigi Di Liegro, ci siamo sporcati e continueremo a sporcarci le mani su questa e su altre aree di potenziale emarginazione. In previsione del dibattito parlamentare sul disegno di legge governativo, abbiamo predisposto delle considerazioni imperniate su questi punti critici:- il collegamento eccessivamente strumentale tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, che tra lŽaltro mette lŽimmigrato in condizione di inferiorità rispetto al datore di lavoro;- la notevole restrizione dei ricongiungimenti familiari, anche per parenti a carico o nipoti handicappati, che non favorisce la stabilizzazione e lŽintegrazione socio-culturale;- lŽinsufficiente potenziamento dellŽincontro tra domanda e offerta di lavoro e in particolare lŽabolizione della prestazione di garanzia per lŽaccesso al lavoro;- lŽimmediata applicazione dellŽespulsione amministrativa con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica nella quasi totalità dei casi, finendo per violare principi di rango costituzionale;- lŽaumento del trattenimento nei centri di permanenza temporanea da 30 a 60 giorni dei cittadini stranieri senza titolo di soggiorno, che rimarrà peraltro in gran parte priva di efficacia senza una concreta collaborazione con le autorità dei paesi di provenienza;- il problematico accesso del diritto allŽasilo, trattato in coda al disegno di legge sulla base di procedure accelerate e sommarie, che non tiene in considerazione le proposte di direttive presentate dalla Commissione Europea.Chiediamo che il Governo e il Parlamento prestino maggiore attenzione allŽesperienza delle forze ecclesiali e sociali da sempre impegnate su questo campo e speriamo che le modifiche legislative, attraverso i ripensamenti necessari, riescano a reprimere gli abusi e i traffici clandestini senza colpire indistintamente tutti gli immigrati. LŽobiettivo dellŽintegrazione reciproca deve essere facilitato, anche con una maggiore dotazione di risorse, come merita la stragrande maggioranza degli immigrati ai quali dobbiamo una grande riconoscenza. Non è fondato ritenere che a favore dellŽimmigrazione si sia fatto tutto il possibile e che ora sia il tempo della severità: ciò rischia di inquadrare innanzi tutto sotto un aspetto esclusivamente di ordine pubblico quello che è innanzi tutto un grande fenomeno sociale, funzionale ai bisogni della società italiana di oggi.