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Mobilità umana e pastorale della chiesa in Italia


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/01


di Franco PeradottoSono molti i modi per tracciare un bilancio dellŽazione pastorale della Chiesa italiana circa la "migrazione". Si tratta di un vero e proprio cammino di approfondimento dei problemi e dei tentativi di coinvolgere "dallŽalto" le comunità cristiane italiane cui non sempre ha corrisposto, però, lŽaccoglienza della "base", cioè delle comunità diocesane, parrocchiali, associative, religiose, ecc.Una impressione che si riceve è quella che riguarda anche molti altri interventi ufficiali: orientamenti teorici e pratici pubblicati nelle sedi dei giornali cattolici da "LŽOsservatore Romano" ad "Avvenire", ai settimanali diocesani (con varia ampiezza: dai testi quasi integrali alle sintesi che dicono ben poco al di là del titolo e di qualche accenno), alla "Riviste diocesane". Poi la stampa specializzata che porta a conoscenza con "tempestività" direttive, esperienze, testimonianze positive ed anche critiche. Purtroppo, invece, cŽè da chiedesi quanto sia entrato, con lo spazio debitamente necessario, il problema pastorale delle migrazioni nei Consigli Pastorali diocesani e parrocchiali, nei Consigli Presbiterali diocesani, nelle Consulte di vario tipo.Una osservazione basilare circa la pastorale per le "migrazioni", almeno in Italia, riguarda il sempre "nuovo" concetto di emigrazione-immigrazione nella mutevole necessaria, peraltro, applicazione concreta alle situazioni. Per intenderci un esempio eclatante: alla soglia degli anni Ž60 il problema degli emigranti riguardava soprattutto in certe zone del nord industriale (Torino, Milano,...) gli spostamenti allŽinterno del nostro Paese, da regione a regione per motivi di lavoro, di studio, di commercio. Ricordo quanto rilevava a quellŽepoca un sacerdote del centro storico di Torino: "Abbiamo ora quattro tipi di parrocchiani: i residenti veri e propri, i residenti diurni (negozianti, impiegati e operatori, nei vari uffici di carattere "civile" o legati alle strutture pubbliche), i visitatori per acquisti, turismo, interessi vari, che esigono la permanenza di qualche ora o di qualche giornata, gli "immigrati" dalle altre regioni italiane e dallŽestero con tutta la varietà di interessi, compresa lŽesigenza di trovare casa per singoli e nuclei familiari".Applicando tale osservazione anche solo alla pastorale diocesana e parrocchiale ci si trova di fronte ad un variopinto (per non usare altro aggettivo più pesante) modo di prendere atto delle immigrazioni ed emigrazioni. Talora un "polverone" che si concentra ed emerge ogni anno nella "Giornata delle migrazioni" difficile da proporre nelle omelie, nelle catechesi, negli incontri di approfondimento: nei manifesti stessi. Spesso solo una o due inclusioni nelle preghiere di intercessione delle liturgie. Con la scelta variamente interessata o localizzata di citazioni trattate dai messaggi del Santo Padre, della C.E.I., dei singoli vescovi (non tutti e non sempre capaci di adattarsi ai problemi locali).Sono osservazioni dalla "base" che mi permettono di sottoporre a chi di dovere ed ai vari organismi "centrali" che a titolo diverso si definiscono "pastorali": famiglia, giovani, cultura, scuola, carità ecc. ecc. La situazione va lentamente migliorando, ma siamo ben lontani da "proposte" ed indicazioni sufficientemente condivise. Un esempio: indicazioni e giudizi diversissimi e suscitatori di polemiche anche tra vescovi e vescovi circa lŽaccoglienza degli immigrati dal Terzo e Quarto Mondo, dai Paesi mediterranei o da quelli confinanti con lŽItalia in fuga per guerre, persecuzioni, paure varie, ricerca di lavoro o di sistemazione. è giusto tenere conto delle varie motivazioni che spingono a venire tra noi, stabilmente o di passaggio. Ma cŽè troppo "giornalismo" anche radio-televisivo che spinge spesso a chiedersi da che parte sta la Chiesa cattolica italiana nei suoi "rami" fino alle più lontane comunità che pure vogliono essere una "risposta" ai "segni dei tempi" che evolvono rapidissimamente. Lo Spirito Santo accompagna, certamente, questo cammino pastorale: si può parlare anche della sua "fantasia" ma è rischioso attribuire alla sua ispirazione tutto quello che, istintivamente od occasionalmente, viene suscitato e proposto.Lasciando da parte altre osservazioni provo ad utilizzare i volumi dellŽ "Enchiridion C.E.I." (edito dalle Dehoniane di Bologna) che contengono decreti, dichiarazioni, documenti pastorali per la Chiesa italiana dal 1954 a questi ultimi anni. Molto propizi gli indici analitici per "voci" che permettono di avere uno sguardo completo. La "voce", da me utilizzata prevalentemente, è "emigrazione" e più tardi "immigrazione". Confido non venga del tutto superata questa mia analisi dallŽ "Enchiridion della Chiesa per le Migrazioni" che sta uscendo proprio in questi giorni, con i caratteri sempre delle Dehoniane, su interessamento della Fondazione Migrantes.Dal 1954 al 1972 (primo volume) emergono le seguenti tematiche: emigrazione dalla campagna alla città; cause; convenzione per i missionari tra gli emigranti allŽestero; Giornata nazionale per lŽassistenza degli emigranti allŽestero; insediamenti industriali ed emigrazione; i sacerdoti e il problema degli emigranti; lŽemigrazione, nuovo grave problema sociale; Ufficio centrale per lŽemigrazione-Statuto. Notevolissimi gli interventi per una soluzione del problema a dieci anni dalla "Exsul Familia": indicazioni per le attività parrocchiali, diocesane, regionali (dettagliatissime le proposte). Interessanti i capitoli e gli approfondimenti circa il Direttorio pastorale per le migrazioni (1° marzo 1966): le migrazioni oggi.Dal 1973 al 1979 sono molto meno nellŽindice analitico gli interventi della CEI: significativi però nei vari anni i messaggi per la Giornata delle Migrazioni; interessanti gli interventi ancora sulla emigrazione e il problema delle vocazioni nel piano pastorale per le vocazioni in Italia; nella preparazione del Convegno ecclesiale dellŽautunno 1976 a Loreto su "Evangelizzazione e promozione umana"; sulla emigrazione e lŽEuropa nel messaggio dei vescovi delle Conferenze episcopali europee dellŽ8 luglio 1977.Tra il 1980 e il 1985 emerge per lŽAnno Santo della Redenzione, indetto da Papa Giovanni Paolo II dal 25 marzo 1983 alla Pasqua del 1984, un "appello" della Commissione episcopale per le migrazioni e il turismo (10 giugno 1984) circa i problemi della emigrazione, con lo speciale invito allŽesame di coscienza personale e comunitario sulla attenzione verso gli emigranti, con un elenco dei "peccati" chiamati "situazioni di colpa" verso tale parte della umanità. Il Documento apre anche il discorso sui giudizi, troppo parziali, riguardanti lŽimmigrazione dai Paesi "difficili" e invita ad evitare la "xenofobia". Nello stesso 1984 è stato anche formulato un modello di convenzione per i sacerdoti-religiosi presenti tra gli emigrati italiani allŽestero. Molto ampio, pure, il discorso sulla emigrazione-immigrazione nel sussidio della Segreteria del Comitato preparatorio per il secondo Convegno ecclesiale a Loreto (1985) sul tema "Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini".Tra il 1986 e il 1990 emergono soprattutto interventi sulla emigrazione e lŽEuropa riferiti ad esempio alla Assemblea ecumenica europea in programma a Basilea (15-21 maggio 1989) e al XIII Simposio dei Vescovi europei in programma a Roma dal 12 al 17 ottobre 1989. Di somma importanza il testo del Comitato scientifico organizzatore della Settimana Sociale (ripresa dopo venti anni), svolta a Roma dal 2 al 5 aprile 1991 su: "I cattolici italiani e la nuova giovinezza dellŽEuropa". Interessa la profonda attenzione a "LŽEuropa di fronte alla immigrazione di popolazioni di altre razze e culture". Sta, dunque, emergendo una lettura sempre più attenta del fenomeno con lŽinvito a tenere lontano il "rinserramento nella fortezza europea del benessere": cŽè bisogno di processi di integrazione sociale ed ecclesiale e di accoglienza da parte dei cattolici, con carattere multirazziale e multiculturale. La parte seconda di questo testo presenta e analizza situazioni, mentalità, prospettive di rinnovamento etico oltre lŽindividualismo, di umanesimo planetario, di riveduta forma intellettuale e pratico-pastorale della Chiesa italiana in tutte le articolazioni.Il 1987 è lŽanno di fondazione della Migrantes, "per meglio esprimere le responsabilità proprie delle Chiese che sono in Italia in ordine al fenomeno della migrazione". Dice il primo articolo dello Statuto: "La fondazione ŽMigrantesŽ è lŽorganismo costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana per assicurare lŽassistenza religiosa ai migranti, italiani e stranieri, per promuovere nelle comunità cristiane atteggiamenti ed opere di fraterna accoglienza nei loro riguardi, per stimolare nella stessa comunità civile la comprensione e la valorizzazione della loro identità in un clima di pacifica convivenza rispettosa dei diritti della persona umana". Gli ambiti sono determinati dallŽart. 3: gli emigrati italiani allŽestero; i migranti interni italiani; gli immigrati stranieri e i profughi; i nomadi Rom e Sinti; i fieranti, i circensi; gli addetti alla navigazione marittima ed aerea". LŽart. 4 raccoglie i compiti in cinque grandi possibilità e doveri: i servizi religiosi e di catechesi; la formazione e lŽinvio di qualificati "operatori pastorali" con preciso collegamento tra le Chiese particolari, fino al rientro; i contatti anche con le istituzioni civili; la elaboraizone di leggi di tutela dei migranti per una convivenza più giusta e pacifica.è la grande svolta almeno a livello nazionale. Metterà in movimento la riforma delle Chiese locali nelle attività pastorali complessive. Da allora si susseguono interventi e note: ad esempio nel marzo 1990 quelle della Commissione Giustizia e Pace "Uomini di culture diverse: dal conflitto alla solidarietà". Contiene un lungo approfondimento sul fenomeno migratorio e i criteri per una convivenza rinnovata: la "reciprocità", la identità-dialogo-solidarietà in famiglia, nella scuola, nelle parrocchie e associazioni, nelle istituzioni pubbliche, nei mezzi della comunicazione sociale. Un preciso trattato su come uscire dal generico, dalle esortazioni, dallo spontaneismo variamente ispirato, dai personaggi "prodigiosi" con i loro gruppi troppo spesso assolutizzanti quanto compiono, tutti "primi della classe".è la stagione di "Comunione e comunità", il documento CEI più prezioso e stimolante che, assieme ad altri più specifici, avrebbe dovuto provocare il nuovo volto della Chiesa italiana con obiettivi pastorali e linee di impegno ben determinate. Peccato che lŽesortazione a periodiche verifiche ai vari livelli siano rimaste nelle buone intenzioni perché inseguite da sempre nuovi interventi per il mutare dei responsabili, molti dei quali si sono presentati come veri e propri innovatori, non sempre capaci di rispettare il principio della continuità che si arricchisce sulla base del "tesoro" precedente.Siamo al dicembre 1990: "Evangelizzazione e testimonianza della carità" in prospettiva del Terzo Millennio. Sono descritte nel dettaglio le "nuove frontiere" secondo un orizzonte planetario in cui le migrazioni vanno considerate nel loro apporto incisivo: non più sola preoccupazione ŽantipauperisticaŽ, ma scoperta e valorizzazione integrata da tutti nel tutto senza supremazie per storia o vantate "civiltà" da cui si è tratta origine, e che hanno però causato concorrenze, lotte e guerre locali e mondiali.LŽultimo decennio che con la pubblicazione dei catechismi per le varie età mostrerà come le migrazioni ed i loro problemi debbano far parte del patrimonio della formazione permanente dei cristiani di ogni età; lo Statuto della Caritas approvato nel settembre 1991; il Documento sulle persone impegnate in campo sociale e politico del 4 ottobre 1991; la preparazione e il Convegno di Palermo negli ultimi mesi del 1995 mostra quanto sia ormai cresciuta la proposta di formazione delle coscienze personali e comunitarie, dal punto civile ed ecclesiale, circa le migrazioni.Qui si inserisce il documento più completo, dal punto di vista pastorale, emanato dalla Chiesa in Italia riguardante soprattutto le nuove immigrazioni "Ero forestiero e mi avete ospitato. Orientamenti pastorali per lŽimmigrazione" (CEMi, 4 ottobre 1993). Ma quante Chiese e quanti pastori conoscono questo valido documento?E allora torna la domanda iniziale: quanto di questo cammino ufficialmente documentabile incide sullŽoggi della Chiesa italiana? Se, come crediamo, è frutto della ispirazione dello Spirito Santo, perché tanta problematica, dal sapore incerto, circola senza gli esiti che ci si dovrebbe attendere? Oggi sappiamo quasi tutto: abbiamo proposte per quasi tutto. Ma a che punto siamo nella prassi "ordinaria"? Questo il gravissimo problema di coscienza.