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Una voce dal Sud


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/01


di Giuseppe De CandiaQuestŽanno si è tenuto a Rimini lŽincontro dei Direttori regionali Migrantes (13-14 febbraio 2001). Un incontro diverso, senza relatori ufficiali, a parte la costante presenza del biblista don Bruno Maggioni, che ha seguito tutti lavori, intervenendo con brevi ma incisivi messaggi che hanno illuminato e dato fondamento allŽimpegno pastorale tra i migranti. In verità i veri relatori sono stati gli stessi Direttori regionali che, alternandosi, hanno esposto il loro pensiero dal punto di vista del Nord, del Centro e del Sud, su quattro punti nodali della pastorale migratoria (cfr. Migranti-press nr. 9/2001). Qui riportiamo la relazione di don G. De Candia che a nome del Sud ha risposto ad uno dei quattro punti e cioè allŽinterrogativo "cŽè attenzione nelle Chiese locali per un servizio a tutti i cinque settori della mobilità umana (emigrati italiani, immigrati e profughi, rom e sinti, fieranti e circensi, marittimi e aeroportuali)?Alle domande che sono state poste si può rispondere con una poesia o con un piagnisteo. Il Sud legge in positivo la realtà della mobilità umana. Ho imparato dallŽesperienza che è sempre meglio guardare al mezzo bicchiere pieno, a mettere da parte le recriminazioni, a guardare al tempo come gradino per costruire la scala del Paradiso. Il coraggio, la creatività e lo Spirito fanno certamente il resto.Il Sud della nostra penisola è una perla incastonata nellŽazzurro di tre mari; è il ponte che allunga i suoi piloni verso il centro del Mediterraneo; è "unŽarca di pace e non un arco di guerra", come scrisse il mio compianto Vescovo, don Tonino Bello. I mari sono stati e rimangono le vie privilegiate dei poveri in cerca di pane, di lavoro e di dignità; sono la strada della ricerca di giustizia, lŽarteria per rialzare la dignità umana calpestata. LŽonda migratoria guarda al Sud come un gioiello da barattare a qualsiasi prezzo, anche della vita. Basta, infatti, un giorno di bonaccia, e sulle nostre coste, sbarcano a frotte, bocche affamate di pane e di pace. Le Comunità del sud vivono il passaggio epocale come un evento naturale: è la volta degli altri ora, noi ci siamo passati, anche se lŽemorragia interna che esporta cervelli e braccia verso il resto del globo, nel sud continua con lŽindifferenza istituzionale.COME VIVONO AL SUD I CINQUE SETTORI DELLA MOBILITÀ UMANA NELLE ISTITUZIONI CIVILI E NEL VOLONTARIATO?Nel Sud esistono già da tempo corsi per mediatori culturali. Coloro che conseguono un diploma specifico di conoscenza della lingua, delle leggi, del mondo del lavoro e della sanità e diventano interlocutori privilegiati per le comunità dŽappartenenza. Premessa questa allŽincontro tra i popoli geograficamente lontani ma in dialogo ogni giorno.In Puglia per esempio, regione di frontiera e il più delle volte di passaggio, lŽemergenza, in alcuni casi, sta lasciando lentamente il campo allŽinserimento per i pochi che rimangono. Esistono sportelli ad hoc che lavorano a pieno ritmo.Gli extracomunitari stanno aiutando il Sud a conoscere gli immigrati senza timori, mettendo in marcia lŽinevitabile e inarrestabile processo dŽintegrazione culturale, che passa dallŽorgoglio delle proprie origini alla condivisione come via al futuro.Nelle scuole pubbliche e private da tempo non ha più senso la divisione di colore, di lingua e di nazionalità. Molti ragazzi venuti dallŽestero vogliono essere italiani a tutti gli effetti anche se a casa continuano a parlare la lingua dei genitori. Molte radici estere, al caldo del nostro sole, producono frutti multiculturali.Molte comunità mantengono contatti culturali e sociali con i propri emigrati. Abbiamo notizie documentate di feste che mettono insieme folle considerevoli di concittadini. Si celebrano sempre più spesso congressi e convegni con ritorni notevoli che rispolverano le radici del cuore e della mente dei nostri allŽestero. Esistono scambi culturali abbastanza validi. I mass media spesso e volentieri mettono fuori, non più dalla valigia di cartone, ma via e-mail, i costruttivi contatti esistenti tra emigrati e paesi dŽorigine. Molti paesi hanno un sito internet consultato quotidianamente da terze e quarte generazioni che desiderano conoscere lŽorigine della propria identità storica e sociale.La recente Conferenza degli Italiani nel mondo, ha evidenziato lŽevoluzione positiva dellŽemigrazione italiana. Da una parte abbiamo forme dŽintegrazione propria ed originale sempre più qualificate dei nostri connazionali sul piano economico e culturale, dallŽaltra ci sono richieste accorate sullŽidentità delle radici personali.Molte di queste richieste vengono soddisfatte con scambi interculturali.Famiglie di Rom, da ventŽanni residenti in qualche città con incremento notevole nellŽedilizia che ha inghiottito i campi nomadi, oggi sono in dialogo con le istituzioni. Stanno nascendo così aree attrezzate con luce, acqua corrente, roulotte, integrazione scolastica, vaccinazioni, in diversi punti del nostro Sud. Rimangono alcune situazioni di disagio di difficile soluzione, legate alla poca stima che gode questo popolo.Il popolo dello spettacolo viaggiante, che vive ritmi di lavoro asfissianti, propone valori altamente sociali ma poco apprezzati dalla società. Oggi non si cerca la gioia ma lo stordimento del "mordi e fuggi". Questo mestiere duro si fa sempre più duro perché è divenuta precaria la fonte di sostentamento.I marittimi si vanno assottigliando per lŽinvasione tecnologica mentre stanno sorgendo aree portuali automatizzate di portata internazionale, come Taranto, Gioia Tauro, Brindisi e Bari, oltre a quelle esistenti. Queste megastrutture sono il domani delle vie del mare. Prospettive e investimenti sostanziosi allettano il mondo economico che si sporge volentieri su questo versante tecnico economico.Gli aeroporti gestiscono masse con incremento esponenziale. Per chi non lo sa, si vola e molto anche al Sud.Una prima conclusione. Il mondo civile e sociale, dove più, dove meno, si muove e con programmi "lusinghieri" nei cinque settori della mobilità umana.QUALE PESO HA LA MIGRANTES NELLA PASTORALE DEL SUD? LA CHIESA DOVE VA?La Chiesa nelle emergenze è sempre la madre premurosa, carica di attenzioni, sollecita nelle soluzioni; soddisfa con generosità le prime necessità dei profughi; chiama al dovere le Istituzioni; organizza e mantiene campi dŽaccoglienza con mille sacrifici.Forse la Chiesa non ha avuto ancora il tempo di guardare alla pastorale della mobilità come il Kairòs di questo nostro tempo, spinta comŽè da sempre su sentieri di frontiera, dalle impellenze quotidiane. Oggi, tra le necessità urgenti e doverose cŽè il pensare una pastorale specifica. Il fenomeno della mobilità non appartiene più alla categoria dellŽemergenza, è il presente del mondo, ormai. La complessità del problema sulla e della mobilità, la vastità del materiale umano coinvolto, non deve scoraggiare. In fondo non siamo soli... "Io sarò con voi"... Un detto cinese suggerisce: per fare un lungo cammino, fai il primo passo.Se è vero che il fine della Chiesa è costruire lŽunica civiltà sullŽunica pietra, il Signore Gesù, con una pastorale specifica si rende visibile questo cammino.La pastorale della mobilità non ha ancora un peso specifico, è fuori dalla stanza dove si progetta, si studia, si applica lŽintervento programmatico, dove la base respira lŽaria della strada.La pastorale della mobilità non è entrata nei consigli Presbiterali e Pastorali. I Direttori Diocesani, qualche volta, sono demotivati e poco apprezzati pur avendo un carisma spiccato.LŽimmigrazione si evolve e richiede una considerazione ponderata. Gli immigrati vengono valutati ancora con parole logore, come sfida, risorsa, metro o misura di civiltà, ma sono ancora lontani dalla considerazione biblica: il popolo in movimento, la verifica del nostro essere cristiani, il sangue giovane delle opere di fede.Per gli immigrati cattolici, occorre promuovere un più intenso coinvolgimento delle Chiese dŽorigine, invitando e sostenendo sacerdoti di lingua, come bene si è cominciato in qualche comunità.Per gli immigrati dŽaltre religioni, e soprattutto di fede islamica, occorre preparare gente qualificata al dialogo interreligioso. Non possiamo fermarci al "vogliamoci bene". Gli immigrati musulmani nel nostro paese, sono ormai la maggioranza degli immigrati. La Chiesa locale ha il dovere di programmare la pastorale del come, dove e quando dialogare in pace, ma con competenza, con questi fratelli altri.La Chiesa deve chiedere perdono agli emigrati sulla scia di quanto il Santo Padre ha fatto nel Giubileo. Gli emigrati, se entrano in un piano pastorale, occupano un piano inferiore. Degli italiani allŽestero ci si ricorda poco o nulla. Ammetto e lodo qualche lodevole esempio di continuità pastorale dovuto più a sensibilità personale di qualche Vescovo o sacerdote che a programmazione pastorale. I sacerdoti dŽemigrazione spesso sono foraggiati e abbandonati. Di questi pezzi di cuore, ad essere fortunati, ci si ricorda durante la Giornata Nazionale.Alla Chiesa gli emigrati chiedono non la presenza fisica, perché capiscono lŽesiguità del materiale umano disponibile, ma la memoria, lŽalimento del flusso culturale cristiano, un cuore che spinga la linfa ad alimentare radici lontane che soffrono la sete di Dio.Alla domanda, che ti manca? Un emigrato da 40 anni in Australia risponde: una sola cosa, lŽaria del suo paese. Lo dice con amarezza di chi sembra gli manchi tutto.Ancora oggi intenerisce lŽanima il cliché figurativo presente in ogni casa di emigrati: in un angolo, lŽimmagine del Cuore di Gesù o della Madonna, adorna di fiori; sulla parete una riproduzione del paese. Sono, reliquie intoccabili, appendici di un cuore assetato.Fammi capire nella lingua di mia madre ciò che dirai dallŽaltare, mi dice, implorando, unŽemigrata di seconda generazione. Sulle ginocchia di mia madre, aggiunge come un diluvio, ho imparato lŽAve Maria, nella Comunità la recito in inglese, ma da sola voglio continuare a recitare come me lŽha trasmessa mia madre. Qualche volta lasciatemi pregare alla "nostra".Non cŽè da scandalizzarsi se la fede si esprime con un preciso DNA, personalissimo, espresso con il gusto del latte succhiato dalla mamma.Le Missioni e la Chiesa italiana, devono rivolgere uno sguardo particolare alle terze e quarte generazioni, in sinergia con le Chiese locali.I circensi e i lunaparkisti, perseguitati dalla mancanza di spazi alle periferie urbane, si sentono emarginati dal contesto ecclesiale. Nutrono vero interesse per Gesù, non troppo per la Chiesa, eccetto quando trovano un lodevole intervento e contatto pastorale.Questo popolo in movimento avverte la necessità di incontrare, conoscere, pregare con la Parola.Questo popolo vuole trasportare con tutte le attrezzature anche un tesoro spirituale duraturo che alimenti la speranza.Questo popolo chiede accoglienza, comprensione, affabilità, ma più di tutto dalla Chiesa chiede dŽinventare le modalità per garantire lŽimpianto e la continuità dŽassimilazione dei testi sacri.Allo sradicamento sociale, invece, spesso si aggiunge quello religioso.Questo popolo è una realtà internazionale per composizione umana, per piazze di lavoro e per la possibile forza aggregante che può innescare.Questo popolo, circa 70.000 persone, definito da biblisti "comunità di discepoli in cammino", è poco apprezzata e meno curata dalle Chiese locali.I Rom e Sinti, ritenuti socialmente inaffidabili, godono una disistima profondissima in campo sociale ed ecclesiale. Da qualche parte sŽinvoca chiarezza sulla domanda: perché devo accogliere chi viene per rubare? E questo non è un luogo comune.Questo popolo, non più del tutto nomade, ha caratteristiche che la nostra Chiesa deve studiare e affrontare in una pastorale specifica e sistematica. La fede ci aiuta a leggere la vita e la storia di questo popolo in un modo diverso?La navigazione aerea e portuale non trova "una casa lontano da casa", secondo il vecchio detto della Stella Maris.Le diocesi servite da porti e aeroporti curano poco e niente la presenza cristiana nelle masse fluttuanti per lavoro e turismo. Si assiste impotenti al vuoto programmatico pastorale in questo campo.Spazi di semina sterminati quanto il mondo, stanno diventando pascoli di prezzolati venditori di paure. Punti nevralgici del futuro economico del villaggio globale non trovano spazio nella programmazione pastorale locale.E desolante dopo aver divorato distanze astrali, atterrare e non trovare neanche un angolo dove ringraziare il Padrone che ti ha permesso di volare nei suoi cieli.CHE COSA DEVE FARE LA MIGRANTES DI FRONTE A QUESTA DISAMINA CRUDA MA VERITIERA?Alla Migrantes, oggi, la Chiesa italiana chiede un servizio specifico, confermato anche dal fatto che la CEI ha elevato la competente Commissione ad episcopale (da ecclesiale). Certamente un suggerimento dello Spirito.Alla Migrantes la Chiesa chiede aiuto e indicazioni competenti, al vertice e alla periferia, perché la pastorale della mobilità diventi la ventata dei tempi nuovi, con lŽumiltà nellŽanima, senza aspettarsi scoop pubblicitari, senza cavalcare questŽonda inarrestabile, senza fregi dŽeroismi esotici.La Migrantes deve solo rispettare e onorare il mandato ricevuto.Siamo convinti che la Chiesa ha bisogno di impostare una scala nuova di valori antichi: cercare caparbiamente la pari dignità nella problematica pastorale, non dividere ma unire in sinergia tutto il bene che fa, e per fortuna, ne fa tanto.Il futuro rischia di diventare un cammino senzŽanima, con la seduzione immediata del "piatto di lenticchie" e la perdita definitiva della primogenitura se non entriamo nellŽottica del popolo in movimento verso.ConclusioneHo promesso una poesia e mantengo la parola: "Sotto le mura di Gerusalemme, alla richiesta, quanto resta della notte, la sentinella rispose: già vedo lŽalba salire da oriente".Noi lŽalba la stiamo già godendo.Chi ti dice, carissima e amata Migrantes, che rimboccandoti le maniche, armandoti dŽapostolico coraggio, studiando la mobilità come la via che ti indica lo Spirito, non possa immettere sangue giovane nella Chiesa italiana dopo il bagno del Giubileo?Chi ti dice carissima e amata Chiesa italiana che, con una pastorale specifica, tu, sorretta dallo Spirito, non possa avere slancio apostolico nuovo leggendo la mobilità come il segno del futuro?Il popolo biblico, migrando, ha conosciuto e sperimentato lŽamore del vero Dio e a Lui si è legato con amore sponsale.