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Passata è la conferenza


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/01


-di Elia FerroLa Prima Conferenza degli Italiani nel Mondo (CIM) è arrivata in porto in un tempo record nonostante reticenze e perplessità. LŽapprovazione della legge era avvenuta alla fine del mese di maggio 2000. DallŽinsediamento del Comitato Organizzatore e di quello Esecutivo il 1° di agosto, fino al giorno conclusivo della Conferenza il 15 di dicembre, è stato un susseguirsi ravvicinato di iniziative e un coinvolgimento di comunità e di migliaia di persone allŽestero e in Italia. Tenendo conto dellŽinsopprimibile pausa agostana, tutto sŽè svolto nellŽarco di poco più di tre mesi.E in questo limitato tempo gli organizzatori e le collettività si sono ritrovati in cinque pre-conferenze continentali (lŽAmerica Latina a Montevideo il 28-29 settembre, lŽAustralia a Melbourne il 12-13 ottobre, lŽAmerica del Nord a Toronto il 26-27 ottobre, lŽEuropa a Berlino il 16-17 novembre, lŽAfrica a Pretoria il 30 novembre - 1° dicembre) e in due convegni specifici riservati alle giovani generazioni e alle donne italiane nel mondo (contemporaneamente a Campobasso ed a Lecce il 9-10 di dicembre).Inaugurata alla presenza del Capo dello Stato e presieduta dal sottosegretario Danieli, la Conferenza si è tenuta a Roma presso la sede della FAO dallŽ11 al 15 dicembre. I 950 delegati provenienti dallŽestero e dallŽItalia (italiani di passaporto o italiani solo dŽorigine) e un folto gruppo di osservatori, invitati od ospiti, in assemblea plenaria, nei laboratori, nei gruppi di lavoro si sono confrontati sulle quattro grandi aree tematiche in agenda. In pochi giorni sono stati esaminati temi come integrazione e promozione sociale, partecipazione e diritti politici, valorizzazione dellŽidentità culturale e del patrimonio socioculturale di origine, comunità italiane allŽestero come valore e risorsa. Sono stati approfonditi temi particolari come la ricerca e tecnologia applicata, lŽeconomia e la finanza; la lingua, la cultura e le arti, lŽinformazione da e per lŽItalia, la solidarietà italiana nel mondo. Nel periodo di preparazione sŽè svolta a Roma presso la Camera dei Deputati dal 20 al 21 novembre anche lŽincontro di quasi 200 parlamentari di origine italiana eletti nei vari paesi del mondo. E subito dopo la CIM il Ministero degli Esteri, per fare il punto della situazione, ha realizzato il convegno dei 125 Consoli dŽItalia che nel mondo si occupano anche dei connazionali.A supporto di tutte le manifestazioni il sito conferenzaitalianinelmondo.ansa.it nato per lŽoccasione, ha pubblicato date, temi, svolgimento e notizie delle varie manifestazioni. Dovrebbe assicurarne in futuro la memoria dellŽevento ed aggiornare sullŽevoluzione delle proposte emerse. Il tempo ridotto ha condizionato i Comitati e le comunità italiane coinvolte. LŽorganizzazione di un avvenimento così complesso, dipanato nel tempo, ramificato in manifestazioni preparatorie nei vari continenti e frequentato da delegati numerosi e provenienti dal mondo intero, è stata contraddistinta da uno stile pragmatico ed efficace.Le conclusioni, che si possono leggere nel documento finale, hanno incontrato una generale soddisfazione ed approvazione. Esprimono la gran mole di lavoro fatto e ripropongono, aggiornandolo, il panorama della situazione degli italiani allŽestero.Le conoscenze o le relazioni tra i partecipanti che per lŽoccasione sono state ritessute, approfondite o scoperte restano una delle grandi ricchezze di questa conferenza.Una constatazione sŽè imposta con evidenza a chi avesse avuto ancora dei dubbi: le comunità italiane, diffuse in tutto il mondo a causa di unŽemigrazione che ha segnato il primo secolo dellŽunità nazionale, sono veramente cambiate nella composizione e nelle attese. Il cambiamento in emigrazione è corso molto veloce. A dodici anni di distanza dallŽultima conferenza del genere, il 1988, questo è apparso evidente alla vista e allŽascolto. La problematica ritorna ma si trasforma: vecchi temi si ripropongono modificati e i nuovi si aggiungono con prepotenza.Se alcuni profetizzavano, o temevano, un gran fiasco sono rimasti delusi. Pure a bocca asciutta sono rimasti coloro che sŽaspettavano il toccasana e la soluzione di tutti i problemi rimasti sul tappeto. Certamente i primi erano molto più numerosi dei secondi. Conoscendo la situazione, si possono comprendere. Il bilancio della prima CIM è sicuramente positivo anche se i chiaroscuri non mancano.Non si può dire che lŽavvicinarsi del giubileo laico - come lŽon. Danieli ha chiamato la CIM - sia stato per il governo ed il parlamento un pungolo ad accelerare ed a portare a conclusione lŽiter legislativo del pacchetto emigrazione o lŽinsieme delle leggi miranti a dare agli italiani che vivono allŽestero pari dignità con i concittadini residenti in Italia. Restano ancora numerosi i provvedimenti in attesa di approvazione e pendenti in Parlamento: il voto allŽestero; la riforma dei Comites, degli Istituti di cultura, dei patronati; lŽassistenza o lŽassegno di solidarietà agli emigrati indigenti; le nuove iniziative di promozione della cultura e della lingua italiana; la riorganizzazione e razionalizzazione dei Consolati; la ristrutturazione dellŽanagrafe; lŽallungamento dei tempi di validità del passaporto; la rivalutazione dei contributi per la stampa italiana allŽestero; e via dicendo.Chi pensava di trovare finalmente la legge ordinaria dellŽesercizio del diritto di voto allŽestero dei cittadini italiani sŽè dovuto accontentare di assicurazioni. Chi voleva utilizzare la Conferenza come arma di pressione nei confronti del Parlamento per far approvare i provvedimenti in letargo è rimasto frustrato. Ma gli impegni assunti dagli esponenti politici sono stati tali e tanti da augurarsi un loro prossimo adempimento. Non cŽè stata unŽaccelerazione prima ma si spera di notarla dopo lŽevento: ora si attende lŽeffetto volàno. Sarà possibile?Certamente la Conferenza, nella celebrazione finale e nelle ramificate manifestazioni precedenti, ha messo in evidenza la co-presenza delle varie sfaccettature delle collettività trapiantate fuori della penisola: italiani più e meno fortunati; vecchie e nuove generazioni; oriundi, cittadini allŽestero e nuovi emigrati di alto profilo o semplicemente alla ricerca di lavoro come in passato; gente comune e persone contrassegnate dalla loro ascesa sociale o dagli affari. I rappresentanti delle varie componenti erano presenti alla CIM, si sono frequentati e conosciuti ma non si può dire che si siano veramente incontrati o scontrati, confrontati o compresi. Si è stati nei limiti della co-presenza e del politicamente corretto, come si usa dire. Ed è venuto a mancare il momento del parlarsi francamente, dello scoprire le tensioni, del negoziare un comune terreno di intesa, del dialogare. La gente comune e la gente del business, della ricerca scientifica o dellŽarte si sono cortesemente limitate a mandarsi a dire! Ed è riapparso - ma era mai scomparso? - il vecchio difetto partitico di riservare i posti e di marcare la propria zona: con uno stile talmente stretto da impedire alla società civile di esprimere tutte le sue potenzialità. è mai possibile che partiti o poli non sappiano ancora distinguere il politico dal pre-politico e vogliano a tutti i costi trasformare ancor oggi una conferenza nazionale in una fotocopia del parlamento?Un poŽ di coraggio non avrebbe guastato. Tanto più che il voler imbrigliare troppo la rappresentanza e la voce della società civile o lŽostentare un agire troppo politicamente corretto causano indifferenza o disgusto. è davvero un prezzo troppo alto da pagare.Nella Conferenza sŽè detto tutto, o quasi, sui vari temi. Molte accentuazioni sono riproposte di antiche idee. Le novità sono venute invece dai laboratori e dagli incontri specializzati. Il documento finale è una sintesi onesta e completa che non manca di respiro. Ma sintesi non vuol dire ancora priorità, impegni, strategie, metodo.La Conferenza non è stata gestita per creare consenso su priorità già prescelte o prestabilite. Né si può affermare che sia stata un momento di confronto, di dibattito e di negoziato su tesi riassuntive di pronunciamenti o conclusioni precedenti. è stata piuttosto una conferenza-bacino di raccolta delle varie istanze in attesa. LŽimportante è che la grande mole di lavoro e i tanti rivoli formino un fiume. è necessario ora che qualcuno tiri le fila e crei una sintesi costruttiva con priorità, strategie, metodi e verifiche precisi. A tirare le fila, a enucleare una filosofia o un insieme coerente, a predisporre una politica degna di questo nome sarà il pragmatismo, gli affari/business o la politica? La CIM era stata voluta come la grande occasione di incontro fra lŽItalia allŽestero ed il Paese. Era stata impostata per offrire agli italiani del Belpaese la visione reale ed aggiornata dellŽaltra Italia e per illustrare lŽattuale identità dellŽItalia alle comunità emigrate. Per poterlo fare era necessario mettere in relazione le due Italie, permettere loro di parlarsi, di ascoltarsi, di dialogare... E per farlo bisogna essere in due!Tutto il tessuto di riunioni preparatorie a livello nazionale e continentale, dentro e fuori lŽItalia, come tutti gli incontri e le iniziative, sostenute da istituzioni ed organismi pubblici e privati e promosse per attirare lŽattenzione degli italiani sulle comunità allŽestero, potevano incidere sullŽopinione pubblica italiana. Ma è stato veramente impossibile sfondare, o solo infiltrare, il muro mass-mediatico dello stivale: sarà di pietra o di gomma ma il muro ha resistito con caparbietà sia prima, durante e anche dopo la CIM. Ritorna lŽeterno problema per le comunità italiane allŽestero: ci si può illudere ancora di fare una grande politica senza aver conquistato un consenso diffuso ed aver influenzato lŽopinione pubblica metropolitana? Certo è possibile agire per forza autonoma, ma tutto diviene più difficile.E dŽaltra parte come far comprendere che un paese non ha niente da perdere e tutto da guadagnare nel mantenere i contatti con quella cassa di risonanza già acquisita alla sua causa che sono i concittadini, gli oriundi e i simpatizzanti? La cultura, il commercio, il turismo, il modo italiano di vivere non tirano che profitto nel coltivare lŽapertura, la relazione e la reciprocità. Senza dimenticare che lŽemigrazione rappresenta ancora, lo si voglia o no, una questione nazionale perché emigrati e discendenti rimangono componenti vive della comunità nazionale, anche se praticamente senza voce e peso elettorale Per tutto questo la Conferenza di dicembre resta una prima: le risoluzioni più che conclusive sono interlocutorie; molti discorsi restano aperti e sono stati solo aggiornati. La proposta di programmare una CIM ad ogni legislatura non fa che rilevarlo in qualche modo.CŽè voluto del coraggio, o dellŽincoscienza, a portare avanti una conferenza che solo una dozzina dŽanni prima aveva richiesto due anni di preparazione, un bilancio più sostanzioso, uno staff operativo più nutrito... Se pragmatismo e tenacità sono riusciti a far giungere in porto lŽimpresa, hanno manifestato anche la potenzialità e i limiti dellŽiniziativa.è stata, sŽè detto, una conferenza più bacino di raccolta che convention per creare la mobilitazione attorno ad obiettivi prestabiliti o convegno di ricerca per individuare le priorità tra le molte cose preparate. Una nuova ed opportuna occasione per mettere o rimettere sul tavolo tutte le attese, le rivendicazioni e le risorse che gli italiani nel mondo manifestano. I responsabili politici hanno ascoltato la società civile, sono stati tenuti informati. Ora tocca al Governo e al Parlamento imbastire e gestire un vero piano politico; spetta a loro tirare le fila, disegnare un progetto di sistema, organizzare una cabina di regia. Al mondo politico le conferenze servono per veder meglio, per sentire il polso della situazione, ascoltare le idee che circolano, enucleare ipotesi, individuare strumenti di lavoro... Tocca ora al Governo fare i piani politici: lŽimmagine del Belpaese è nelle decisioni dei suoi rappresentanti. Non è male ricordarlo. CŽè da augurarsi che tra vertice e base non ci sia troppo scollamento e che la base talloni i suoi rappresentanti.Le collettività italiane allŽestero entrano a far parte di un disegno o, meglio, di un mosaico più ampio di politica estera dove trovano posto tra gli altri tasselli la diplomazia della Farnesina, i parlamentari di origine italiana, la cultura, il business… Quindi per la Madrepatria le collettività sono un elemento importante, ma solo un elemento, di questo quadro. In futuro, oltre a fare un discorso dŽidentità, di affermazione e di rivendicazione, dovranno lavorare molto ad articolarsi, confrontarsi e negoziare con le altre istanze per pesare maggiormente in questo quadro.Nonostante la presenza di grossi nomi della politica, la prestigiosa sede della FAO e la presenza alla seduta inaugurale del Capo dello Stato, sŽè avuta lŽimpressione che la CIM si svolgesse in un tono minore. Era stato chiesto al Ministro degli Esteri di introdurre il dibattito in Assemblea non solo portando il suo saluto e facendo una dichiarazione dŽintenti sui temi in programma ma con una decisa messa a punto della situazione e con lŽinvito a fissare i dati acquisiti da cui partire. Era stato chiesto al Presidente del Consiglio di onorare la Conferenza con la sua presenza alle conclusioni e di manifestare lŽimpegno del Governo in questo campo. Ma non è stato fatto.Non è corretto pretendere diritti di primogeniture e priorità. Soprattutto perché ultimamente si è sommersi da un mare di conferenze, stati generali, convegni, simposi e incontri internazionali o nazionali… inflazionati dalle presenze di uomini di partito e di governo. La CIM è risultata alla fine una delle tante.LŽavvicinarsi della fine di legislatura poi e la mancanza di grandi conquiste legislative da poter vantare, come il voto allŽestero, può aver frenato sovraesposizioni e consigliato delle buone volontà a non compromettersi. Il pragmatismo che ha contrassegnato la Prima Conferenza degli Italiani nel Mondo resta unŽopportunità a condizione che i soliti più forti economicamente, culturalmente, politicamente non facciano i furbi. Perché non decidere di andare avanti insieme, gente comune e le altre componenti della collettività italiana allŽestero, nel rispetto della diversità, articolando la complementarietà, con continuità e trasparenza, evolvendo con i tempi, curando o creando in madrepatria unŽopinione pubblica favorevole che conosca, segua, valorizzi lŽaltra Italia? Si prenda alla fine per buona questa prima CIM, si approfitti per finire di mettere sul tavolo le stesse cose aggiornandole e si inizi a metterle in ordine e in pratica. Probabilmente cŽè ancora qualcosa da inventare, ma sicuramente molto resta da realizzare e perfezionare. Nella storia poco più che secolare dellŽunità dŽItalia lŽultima CIM è stata lŽennesima prima conferenza. Forse è il caso di finire di voltar pagina, cambiare nome, ricominciare daccapo o dirlo. Forse è il momento di andare fino in fondo e di riempire per intero una pagina alla volta, arrivando fino allŽultima riga. E poi girare pagina.Si può condividere lŽopinione di chi afferma che la Conferenza meritava di essere preparata con più tranquillità e con un margine di tempo più ampio: il meglio è sempre possibile.Ma per essere realisti sarà importante partire dallŽesistente e riprendere in mano quanto è stato elaborato e depositato in questo bacino di raccolta per trarne insegnamenti e non disperdere i risultati.Le collettività con i loro organi rappresentativi - CGIE, Comites - o con le loro organizzazioni - CNE e tessuto associativo - devono seguire, ricordare, stimolare ed esigere, in attesa di poterlo fare più direttamente in Parlamento con i propri rappresentanti della Circoscrizione Estero. LŽopinione pubblica metropolitana resta tutta da conquistare e il muro mass-mediatico deve in qualche modo essere superato. Resta, forse, la sfida più importante. E in questo campo molto resta da inventare più che da deplorare.Una maggiore sinergia tra le forze e le componenti presenti tra gli italiani nel mondo dovrebbe essere riscoperta, attivata e approfondita. La gente comune non deve essere né accantonata né sacrificata sullŽaltare del business, dellŽimmagine Italia o di quantŽaltro. Ha il suo peso e deve essere messa in conto e valorizzata. Già prima dellŽunità dŽItalia molti sacerdoti, religiosi e laici sono stati compagni di viaggio delle comunità di lingua italiana ed hanno seguito con attenzione il dibattito che si svolge tra le forze sociali e politiche sui diritti fondamentali dei migranti. Hanno puntualmente preso posizione sostenendo lŽesigenza del rispetto dei singoli e delle famiglie e operando per lŽarmoniosa convivenza.In occasione della CIM questa presenza - specifica certo, ma ramificata e popolare - è stata sottostimata e sottorappresentata. La cura religiosa delle comunità porta a conoscere ed interpretare molte situazioni, pur rispettando lŽautonomia del politico. Non valorizzare appieno - se non in extremis, come è avvenuto in questo caso - la voce e le esperienze delle missioni cattoliche italiane in Europa e delle parrocchie nazionali nel mondo, degli operatori pastorali impegnati tra gli emigrati italiani e dellŽimpegno della Chiesa italiana, più che uno sgarbo è un privarsi di una saggezza storica, stimata e disinteressata.In questo contesto e con questo stile le missioni italiane e le parrocchie nazionali certamente continueranno a restare a fianco delle comunità trapiantate e di quanti si adoperano per la convivenza sempre più serena ed armoniosa nei paesi di residenza. E prenderanno puntualmente posizione anche nel campo dei diritti, ricordando - secondo lŽespressione di Montesquieu - che giustizia ritardata è giustizia negata.