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FESTA DEI POPOLI ICONA DELLA PENTECOSTE


Fondazione Migrantes - Il PUNTO


ROMA (Migranti-press) - "A nome della comunità parrocchiale vi ringrazio, fratelli di tante lingue, nazioni, culture diverse, perchè oggi, 18 maggio, giorno della Pentecoste, con la vostra presenza ci rendete più vicino, attuale e quasi palpabile l´evento della Pentecoste, la prima festa dei popoli che è coincisa con la nascita stessa della Chiesa". Era abbastanza vibrato, quasi commosso, il tono di voce di Padre Ampelio, parroco del SS. Redentore in Valmelaina, a conclusione della messa con cui si è inaugurata la sesta edizione della Festa dei Popoli; destinatari ovviamente, anche se non in via esclusiva, gli immigrati cattolici. "Ci siete fratelli per una duplice ragione - ha proseguito il parroco - primo perchè venite da lontano e questa parrocchia, affidata ai missionari scalabriniani, sente un vincolo speciale di fraternità con tutti gli immigrati senza alcuna distinzione, a prescindere anche dalla loro religione; secondo, perchè siete cattolici e con voi dentro alla comune Santa Madre Chiesa, ci sentiamo affratellati da un legame, per così dire, di spirituale consanguineità".
"Dalla tolleranza alla condivisione" è lo slogan che ti colpisce dentro e fuori la Chiesa, per le strade, nei vasti spazi del centro giovanile con la martellante insistenza di un annuncio pubblicitario; senonchè non c´è niente da vendere o da comprare, oggi qui c´è solo da condividere nei giochi, negli spettacoli, nei pasti, in tutto ciò che ha reso intensa di varietà e di gioia la giornata; e particolarmente nella Messa, che è stata costruita da tanti pezzi messi armoniosamente assieme col concorso di tutti i gruppi. Quanti erano questi gruppi etnici? A contare dalle bandiere delle varie nazioni, che hanno aperto la processione d´introito, dovevano essere ventuno. Ognuno ha fatto la sua parte, prendendo dal ricco repertorio di gesti, di danze, di canti che rendono belle e suggestive, mai ripetitive queste celebrazioni; per quanto ormai siano tradizionali, non portano all´assuefazione. Ma c´è stato anche qualcosa di originale, inventato con finezza di gusto, con quell´intuizione popolare profonda che passa sl dal cervello ma parte dal cuore. Dunque una grande mappa di Roma era stesa bene in evidenza davanti all´altare: prima dell´offerta dei doni due rappresentanti dei singoli gruppi etnici, nei propri costumi tradizionali, si sono avvicinati alla mappa con cestini di petali variopinti ed hanno cosparso di colore e di profumo tutta Roma. Gesto simbolico, pregno di profezia. Avranno la loro forza le dimostrazioni antirazziste, antixenofobe, ma nessun "anti" ha la forza persuasiva e disarmante di questi petali profumati e colorati come un´iride di pace, di cui viene cosparsa Roma. Dicono chiaro: "Non aver paura di noi, Roma; portiamo profumo e varietà; e poi sappi che il fiore, dopo aver dato i petali, non manca di fare i frutti".
Festa delle genti: un fatto di cronaca che va al di là della cronaca, perchè ormai si ripete nel giorno di Pentecoste o di Epifania ormai in tante città d´Italia, perchè è richiamo e nostalgia di un ideale di fraternità che va oltre ogni differenza e ogni frontiera e dice chiaro che la riconquista di questo paradiso perduto non è utopia di sognatori evanescenti, ma progetto realizzabile, a portata di mano, su scala planetaria. Gli immigrati, proprio questi immigrati che istinti irrazionali e miopi, calcoli egoistici ed epidermici vorrebbero proscrivere dalle nostre città, sono per i credenti evento pentecostale e per tutti gli uomini segno di un´umanità nuova che convive all´insegna della fraternità. Perchè in quest´anno europeo contro il razzismo non puntiamo a una festa dei popoli europea?