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 Home page - Un libro al mese - PIETRE VIVE E TESTIMONIANZA 

Pietre vive e testimonianza

Intervista a Laura Bosio*, scrittrice
a proposito del libro “La Chiesa e le sue chiese. Teologia e architettura” di Severino Dianich
 
*Laura Bosio, nata a Vercelli, vive e lavora a Milano. Ha pubblicato: I dimenticati (1993, Premio Bagutta Opera prima), Annunciazione (1997, Premio Moravia; nuova edizione 2008); Le ali ai piedi (2002), Teresina. Storie di un’anima (2004), Le stagioni dell’acqua (2007, Finalista Premio Strega), Le notti sembravano di luna (2011), D’amore e di ragione. Donne e spiritualità (2012), Da un’altra Italia. 63 lettere, diari, testimonianze sul “carattere” degli italiani (con Bruno Nacci, 2014). Collabora con Avvenire. È stata docente di Tecniche della scrittura al Master in giornalismo dell’Università Cattolica di Milano. 
 

Gli argomenti trattati nella rubrica “Un libro al mese” sono ridiscussi in interviste con diversi esperti. Ne nasce un colloquio volto ad approfondire gli argomenti esposti nei volumi. Le opinioni presentate sono qualificate ma personali, non necessariamente condivise da chi promuove la rubrica.
L'edificio chiesa è un'espressione evidente di come la Chiesa, che è comunità viva, dialoga col mondo contemporaneo. Gli stili storici possono essere ri-interpretati anche oggi, quando le sollecitazioni che giungono dalle nuove emergenze, a partire da quella dell'immigrazione, generano condizioni che danno adito a nuove capacità di testimonianza.
11/11/2016

Il Concilio Vaticano II aveva sollevato una questione importante accettando la sfida dell’architettura e dell’arte contemporanea, ed è una vicenda ancora in corso. Il cardinale Giocamo Lercaro, arcivescovo di Bologna negli anni '50 e '60 del XX secolo, consapevole che la costruzione di una chiesa era un contributo alla costruzione della città, aveva dato fiducia ai laici competenti. Aveva creduto al dialogo con la società e la cultura contemporanea e aveva cercato di impostare la sua azione in rapporto con la comunità civile, con le sue rappresentanze politiche, per quanto in un contesto difficile, e con i più riconosciuti rappresentanti dell’architettura, non soltanto italiana. Una scossa salutare, ma con risultati spesso deludenti. La costruzione di nuove chiese, per lo più, non è stata vissuta come una grande occasione ecclesiale e culturale né come una possibilità concreta di dare attuazione al Concilio nelle sue varie sfaccettature. Pochi vescovi si sono dedicati con larghezza di vedute a questi temi, come il cardinale Giovanni Battista Montini a Milano, ad esempio, o, tra le altre personalità, il sindaco di Firenze Giorgio La Pira, o padre Ernesto Bal­ducci, o Giuseppe Dossetti. Dagli anni Settanta, poi, si sono aperte davanti alle chiese nuove frontiere. Oggi il dialogo con altre religioni, con una società in trasformazione, sul piano mediatico, della globalizzazione, multietnico e interculturale, sono questioni cruciali, che nella costruzione delle chiese non hanno ancora trovato vera espressione. 





 
09/11/2016

Mario Botta, uno degli architetti che ha realizzato le chiese attuali, a mio parere più interessanti, ha parlato della progettazione di una cattedrale come di un’occasione straordinaria per affermare “la verità come presenza”. Una cattedrale, ha detto, è il segno di un nuovo atteggiamento dell’uomo verso il proprio spazio di vita. In troppi casi, però, il cemento armato, l’acciaio, l’essenzialità estrema, la stilizzazione degli elementi portanti, insieme a vetrate assai discutibili, sono state il contrario della “nobile semplicità” evocata da Winckelmann, dove l’opera d’arte combinava elementi sensibili e spirituali come il bene, il bello e gli ideali morali. Hanno prevalso il mero funzionalismo, quando non la rozza banalità. Con ragione il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, ha parlato di chiese che sembrano “musei o grandi magazzini”, e il cardinale Gianfranco Ravasi, di inospitalità, dispersione, opacità di luoghi dove ci si trova sperduti. Così distanti dalla limpidezza delle basiliche paleocristiane, dalla finezza spirituale di quelle bizantine, dalla grandezza del romanico, dalla forza mistica del gotico, dalla lucentezza del rinascimento, dalla magnificenza del barocco, dall’armonia del settecento e del neoclassicismo.
 
09/11/2016

Personalmente sono attratta dall’infinita ricerca del gotico, dalla celebrazione dello spazio come sede aperta al divino, dalle colonne che si elevano sempre di più, cariche di tensione, verso un senso ulteriore dell’esistenza. Forme che portano il cielo nello spazio della chiesa, sulla terra, tra di noi.
09/11/2016

Una chiesa mi affascina, quella di San Francesco d’Assisi al Fopponino di Gio Ponti, a Milano. Ponti le ha anteposto una piccola piazza pubblica. La pianta è esagonale, asimmetrica. Ma sono le finestre aperte sul cielo, a forma di diamante allungato, che mi incantano. All’interno le navate sono separate da pilastri che si saldano con le travi del tetto a capanna. Gli arredi, le suppellettili sacre e persino le vesti liturgiche sono disegnate da Ponti, autore anche della Via Crucis in ferro battuto. Un concetto vicino all’opera d’arte totale.
 

 
09/11/2016

Ci sono state anche pigrizia, sonnolenza, incapacità o non volontà di camminare con i tempi. Occorre ricerca per raggiungere il “tempio senza tempo” che le chiese dovrebbero essere. 
09/11/2016

Prediligo i grandi spazi, le pareti che si smaterializzano per lasciare il posto alla luce solare, le colonne, le cupole. Niente a che vedere con certi “mostri” architettonici di oggi che mirano a suscitare sensazioni forti, o scioccanti. Il punto è trasformare il valore spirituale in valore formale, perseguire il legame tra arte, bellezza e ricerca del significato ultimo dell’esistenza umana. E, forse, quell’idea assoluta di un Dio che è dentro di noi.

 
09/11/2016

I cambiamenti in corso possono modificare la percezione, la gestione e l’uso delle chiese? La risposta appare evidente, e la collaborazione tra laici e chierici, non solo auspicabile e benvenuta, ma inevitabile. Del resto, l’evoluzione del tipo di chiesa è storicamente frutto dell’adeguamento della liturgia al proprio tempo. Sempre di più le chiese devono diventare organismi vivi, alle prese con i problemi più urgenti della società come dei singoli individui. Ne ho una piccola esperienza personale. Dal dicembre 2015 la parrocchia di San Giovanni in Laterano ospita la scuola per immigrati “Penny Wirton”, completamente gratuita e autofinanziata, fondata a Roma da Eraldo Affinati e Anna Luce Lenzi nel 2008 e ora aperta anche a Milano e diretta da me. Tutti possono partecipare, uomini, donne e ragazzi di ogni provenienza. Un luogo dove la convivenza e la reciproca comprensione è davvero possibile, e dove si impara non soltanto la lingua italiana, ma anche a prendere confidenza e a fare amicizia tra noi tutti, allievi e gli stessi insegnanti volontari. Col tempo, la condizione fisica delle chiese edificio, ovvero la loro architettura,  tenderà a registrare questi nuovi avvenimenti che vi sono accolti.  
 


 
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