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 Home page - Un libro al mese - DOVE SI CONSACRA UNA COMUNITÀ 
Dove si consacra una comunità

 

Intervista a Sara Meda*
a proposito del libro “Il Genius Loci cristiano” di Frédérik Debuyst
 
*La dott.ssa Sara Meda, PhD, specializzata in Storia dell’arte contemporanea, insegna presso l’Università Cattolica di Milano nella Facoltà di Scienze della Formazione. Ha collaborato al catalogo generale della pittura della Collezione Arte e Spiritualità di Brescia, ai cataloghi delle mostre tenute presso i chiostri dell’Università Cattolica di Milano in occasione della Quaresima, oltre che a pubblicazioni inerenti ad artisti o luoghi della contemporaneità. Nel 2009 per i tipi di Vita e Pensiero ha pubblicato “La vetrata nell'architettura sacra a Milano nella seconda metà del Novecento”.

 


Gli argomenti trattati nella rubrica “Un libro al mese” sono ridiscussi in interviste con diversi esperti. Ne nasce un colloquio volto ad approfondire gli argomenti esposti nei volumi. Le opinioni presentate sono qualificate ma personali, non necessariamente condivise da chi promuove la rubrica.
Il luogo di culto cristiano è definito da caratteri propri, che lo rendono espressivo di una spiritualità dotata di connotazioni ben identificabili, anche al di là dei segni che esplicitamente la individuano. Comprenderli e rendere l'idea di come sia possibile manifestarli è l'obiettivo dell'indagine condotta dal Debuyst, che si pone sulla la linea del movimento liturgico.
 
22/05/2016

Durante la scuola di specializzazione in Storia dell’Arte fu la prof.ssa Maria Antonietta Crippa a suggerirmi lo scritto di Debuyst. Il punto di vista con cui l’autore affronta il problema dell’architettura sacra, a partire dall’idea di genius loci cristiano, mi interessò molto, tanto che divenne punto di origine e criterio di lettura dell’argomento della mia tesi riguardante le vetrate artistiche nelle chiese contemporanee. Mi chiesi, infatti, se la vetrata, elemento artistico e allo stesso tempo architettonico, potesse esprimere o in qualche modo contribuire alla creazione del genius loci cristiano. La vetrata non ha vita propria, ma si attiva grazie alla presenza della luce che essa, lasciandosi trapassare, rende percepibile dai sensi. Il significato simbolico che lega la luce al divino diviene, attraverso la vetrata, esperienza sensibile. La vetrata, inoltre, può suggerire un percorso all’interno dello spazio sacro, o sottolineare i luoghi più significativi, oppure alludere alla Gerusalemme celeste, città di luce, secondo i criteri di orientamento, riconoscibilità e carattere individuati da Debuyst.
Mi sembra interessante sottolineare come Debuyst, a riguardo dell’architettura sacra, non individui tipologie e non fornisca indicazioni specifiche, come fece Carlo Borromeo con le sue Instructiones, ma allo stesso tempo non si perda in idee astratte. Egli àncora la visione della chiesa alla vita, intesa come paesaggio, urbano o extraurbano, storia, ma soprattutto come comunità, ovvero assemblea dei credenti radunata intorno all’Eucarestia. Debuyst, dunque, prende le mosse dall'essere umano nella sua concretezza e non da astrazioni.
Ritengo che questo sia un aspetto fondante e della massima importanza. Parlando di spiritualità è facile scivolare in discorsi troppo generici, difficilmente riconducibili a forme concrete – laddove invece il cristianesimo nasce dall'incarnazione ed è fortemente radicato nella materia. Mi sembra che anche nelle chiese contemporanee a volte si ricada in una spiritualità non adeguatamente connotata...

 
22/05/2016

Debuyst non considera mai la chiesa come edificio a sé stante, isolato, bensì come parte integrante del paesaggio e di un complesso architettonico plurifunzionale. La comunità abita luoghi ampi, variegati, ove si dispiegano le diverse attività che fanno parte della vita: la chiesa pertanto rientra in tale contesto. Essa, inoltre, viene spesso introdotta da camminamenti o da una serie di luoghi preparatori, preposti ad usi differenti, ma profondamente uniti.
Come il corpo umano si compone di tanti diversi elementi tra loro intimamente legati, così anche ogni agglomerato urbano si compone di tanti edifici preposti a diverse funzioni, tutte legate tra loro e concorrenti a una finalità condivisa.
Lo stesso avviene entro il complesso architettonico cui la chiesa appartiene o entro il singolo edificio. Al cuore di entrambi, spazio urbano e singola chiesa, sta la comunità.
Proprio allo scopo di evidenziare questa profonda interrelazione, Debuyst preferisce gli edifici sobri, nei quali prevale il senso del legame: con gli altri edifici e con la comunità. E tale sobrietà si manifesta sia all'esterno che all'interno della chiesa. Lo spazio più significativo, il cuore dell’architettura sacra, però, è lo spazio interno in quanto ospita l'assemblea celebrante la liturgia. Assemblea raccolta attorno all'altare eucaristico, vero centro della comunità. L'esterno della chiesa, dunque, è introduttivo allo spazio interno. Debuyst nel suo argomentare procede attraverso esempi e nella successione di questi chiarisce via via il concetto. Lo si vede trasparire nelle sue accurate e quasi affettuose descrizioni. Come in quella della biblioteca del monastero di Mount Angel in Oregon, progettata da Alvar Aalto, dove evidenzia il modo in cui l'architetto riesce a integrare il panorama circostante con la grande sala di lettura; o nel monastero di Clerlande in Belgio, dove vive lo stesso Debuyst, di cui mostra l'articolarsi in casette separate ma vicine nell'ambiente boschivo; o nel monastero di Praglia di cui racconta i diversi ambienti che attorniano il volume emergente della chiesa...
 
22/05/2016

Certo lo è. E, come dicevo, in modo molto qualificato: una spiritualità radicata nella tradizione cristiana e limpidamente connotata. Debuyst parte dal concetto di genius loci, ripresentato negli anni Settanta da Christian Norberg Schultz nella cultura architettonica, ma lo toglie dalla sua connotazione prevalentemente estetica e storico-architettonica. Ricerca, invece, la specificità cristiana del genius loci individuandola nell'incarnazione che si rende presente nell'azione liturgica e che lo spazio è chiamato ad accogliere. Per spiegare: vi sono luoghi in cui ci si sente emotivamente attratti in un'atmosfera spirituale, ma generica, non specificamente individuata. Forse l'esempio più evidente di questi è la cappella De Menil, elaborata da Mark Rothko a Houston in Texas. La disposizione dei grandi dipinti (“campi di colore”) astratti alle pareti, l'emergere e il prevalere delle tonalità scure (la dipinse quando sentiva l'imminenza della fine), comunicano sensazioni fortissime: v'è chi non riesce a restarvi dentro, tale è l'impatto emotivo. Ma è un'emozione non connotata...
 
 
22/05/2016
 
Ecco: quando li cerco, nella mia mente anzitutto trovo luoghi quali S. Ambrogio a Milano. Dove l'ampio quadriportico ben integra l'edificio nel contesto urbano e allo stesso tempo accoglie e prepara chi arriva. Oppure l'abbazia di Chiaravalle, nel contesto relativamente campestre, col suo campanile ben visibile. E allora mi chiedo perché i primi esempi cui penso siano legati a luoghi monastici (anche S. Ambrogio era parte del monastero sul cui sito oggi sorge l'Università Cattolica). Evidentemente perché, come si diceva, nel monastero risulta più evidente la vita e l'opera della comunità. Esso quindi è il “panorama” che più intimamente e indissolubilmente è legato alla chiesa...
 

22/05/2016

Certo, Debuyst si riferisce per esempio alla chiesa di St. Laurentius a Monaco di Baviera, progettata da Emil Steffann a metà degli anni '50 e a diverse altre chiese contemporanee. Tutte chiese dove si nota la ben calibrata disposizione del percorso di ingresso e la condizione di intima prossimità tra assemblea e altare.
Nel riferirmi alla mia esperienza personale, penso alla mia chiesa parrocchiale, S. Paolo a Rho, progettata da Costantino Ruggeri con Luigi Leoni, inaugurata nel 1990. I percorsi di avvicinamento sono ben definiti, si avverte la progressione dal sagrato ai due accessi e da questi verso l'altare. Il fonte battesimale è di fronte dell'altare. Ogni luogo liturgico ha una vetrata riservata: accanto al fonte ve n'è una dalle tonalità verdi; l'altare ha sul lato la vetrata maggiore, dove predomina il disco arancione che ricorda lo splendore solare; la cappella eucaristica ha una vetrata di un azzurro intenso: risulta evidente l'integrazione tra progetto architettonico, aspetti artistici e armonizzazione dei luoghi liturgici. Benché risponda a diversi criteri individuati da Debuyst, non la indicherei, però, come exemplum in quanto manca quell'intimità silente cara a Debuyst. Prevale, infatti, la festa di colori scelta da Ruggeri per ricreare una “atmosfera mistica”, come lui stesso la definiva. 

















 
22/05/2016

Penso si possa dire questo: non v'è una singola tipologia, né vi sono alcune tipologie che rappresentino la chiesa. Questa è chiamata a essere espressione di una comunità che si riconosce nel mistero dell'incarnarsi della salvezza nella storia. Che la chiesa sia veramente sentita e partecipata dalla comunità, come lo sono le chiese dei monasteri. Che sia il luogo dove la comunità si riconosce e che con la comunità cresce: come avviene con la casa, per la famiglia che vi abita.
 
 
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