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Gio Ponti e la coerenza in architettura

 

Intervista a Guendalina Salimei*
a proposito del libro “Amate l'architettura” di Gio Ponti (Genova 1957, Milano 2008)

  
* L'Arch. Guendalina Salimei, docente di Progettazione architettonica e urbana alla Sapienza di Roma e direttore scientifico del Master in progettazione degli edifici per il culto gestito assieme dall'università la Sapienza e dalla LUMSA (Libera Università Maria Ausiliatrice), ha fondato nel 1994 “T Studio” con cui ha vinto numerosi concorsi nazionali e internazionali tra i quali: il Premio Roma Architettura nel 2002, XII e XIV Triennale di Architettura di Sofia, il premio Selinunte 2014, il Premio Pertica-Oscar della Città di Roma 2015. Lo Studio ha partecipato a numerose mostre, tra cui diverse edizioni della Biennale di Venezia. Tra i più recenti progetti realizzati: Dao Viet, città ecosostenibile nella baia di Ha Long (Vietnam); riqualificazione dell'area monumentale del porto di Napoli; quartiere ecosostenibile Vydrica a Bratislava (Slovacchia); centro servizi polivalente al molo San Cataldo del porto di Taranto; riqualificazione dell'edificio ERP detto Corviale a Roma.


Gli argomenti trattati nella rubrica “Un libro al mese” sono ridiscussi in interviste con diversi esperti. Ne nasce un colloquio volto ad approfondire gli argomenti esposti nei volumi. Le opinioni presentate sono qualificate ma personali, non necessariamente condivise da chi promuove la rubrica.
Il lavoro di Gio Ponti rimanda a un'epoca che per certi versi appare diversa da quella attuale. In cui alcuni architetti avevano la capacità di esprimere un atteggiamento in cui etica ed estetica tendevano a coincidere, in una ricerca raffinata e sempre originale.
 
22/04/2016
 
Lo scritto di Ponti rivela il suo impegno etico, che si traduce nella ricerca dell'originalità del progetto, intesa non come gesto estemporaneo ma come radicamento nel sito e nella storia. Nel considerare la rettitudine di tale approccio, balza all'occhio per contrasto l'atteggiamento che prevale nel mondo anglosassone, come anche nel mondo asiatico, dove il progetto è visto anzitutto come business e diviene una realtà industrializzata, proposta “a catalogo”. Con strutture che tendono a ripetersi a prescindere dal contesto, in modo standardizzato, ignorando il genius loci. Per Gio Ponti, come anche per altri suoi contemporanei – anch'essi purtroppo, come Ponti, tardivamente studiati in sede accademica, quali per esempio Luigi Moretti o Giancarlo De Carlo – ogni opera architettonica invece è il frutto di un lavoro singolo, di un impegno specifico, una creazione nuova. Ponti è tra quei dieci, quindici progettisti che nel secondo dopoguerra hanno dato il “LA” all'architettura italiana. E sottolineo architettura: intesa come una forma d'arte; non edilizia, che mette in primo piano il tornaconto economico e si traduce in sfruttamento dei suoli.
Ponti desiderava incidere sulla società, non solo attraverso i progetti, ma anche attraverso gli scritti. Infatti Amate l'architettura non è un libro per architetti, ma un testo di divulgazione, originato dal desiderio di esprimersi, di comunicare, di trasmettere il senso dell'armonia degli spazi che deriva dall'armonia degli animi. Un punto di vista che andrebbe recuperato, anche oggi, in chi pratica questo mestiere.
 
22/04/2016
 

Proprio personaggi come Ponti, che progettano con totale coinvolgimento e assoluta competenza sulle capacità tecnologiche per loro più avanzate, dimostrano che la creatività non è estranea alla tecnologia. Se penso alla grande vela che sovrasta la concattedrale di Taranto, una delle massime opere di Gio Ponti, vi ravviso il desiderio di sfruttare a fondo le potenzialità del cemento armato, la tecnica dominante al momento in cui egli progettava...
 
22/04/2016
La progettazione urbana dei decenni successivi è andata in questa o in altre direzioni?

Il progetto delle chiese fa parte della missione di valore sociale di cui Ponti parla nel suo scritto. Le chiese sono i luoghi in cui le persone si riuniscono, in cui si officiano i riti, ma sono anche l'elemento cardine dei quartieri. Certo, l'urbanistica del secondo dopoguerra, ma anche quella contemporanea, non ha tenuto nel dovuto conto questo fatto. Infatti le chiese sono state spesso relegate in luoghi di risulta, in lotti che avanzano dopo che si è risposto a tutte le altre sollecitazioni di carattere sociale e commerciale. Questo modo di procedere riguarda anche i nostri giorni: spesso troviamo chiese nuove in posizioni totalmente marginali, e per i progetti si propongono lotti dai perimetri strani, a volte assurdi, a dimostrazione che la loro scelta e la loro ubicazione non discende da un adeguato concetto di spazio urbano, che sia pensato per l'essere umano. Ma poi, una volta costruita, la chiesa diviene momento fondante e trasforma la situazione. Penso per esempio al nuovo centro parrocchiale di S. Pio da Pietralcina, progettato da Alessandro Anselmi qui a Roma: è divenuto la vera piazza del quartiere. Il luogo in cui le persone si riconoscono e si incontrano.



 
22/04/2016
 
Ponti era un appassionato delle facciate. Effettivamente tendeva a distinguere tra quel che l'architettura presenta all'interno e quel che presenta all'esterno. Si tratta di un dibattito aperto: la facciata deve mostrare quanto l'edificio contiene o no? Ponti proponeva due facciate: una per chi arriva al luogo e lo abita, un'altra per l'assoluto, per il cielo. Il tema della doppia facciata è veramente contemporaneo, ed è molto indagato da architetti dei nostri giorni come Jean Nouvel o Herzog e De Meuron.

La lezione di Ponti, non solo riguardo alle facciate, resta molto attuale, e anche nel leggere quel che scrive si percepisce il senso del suo risoluto impegno nella sperimentazione e nella ricerca continua. Aveva una forte vena artistica, un desiderio di entrare nel dettaglio.
Nelle chiese contemporanee spesso si trova incoerenza tra l'architettura generale e i singoli elementi: tra l'edifico e gli arredi, tra la forma generale e i dettagli. Ponti ha cercato invece di ottenere sempre una coerenza di fondo.
 
 
22/04/2016

Sono aspetti coerenti, compatibili, contigui. Praticare l'una o l'altra strada è frutto di scelta e di propensione personale. Vi sono architetti che praticano in particolare l'industrial design,  penso per esempio a Giorgetto Giugiaro che del design è un grande specialista. Ponti invece seguì entrambe le strade, mise notevole impegno in particolare nelle opere in ceramica, e ha riversato queste esperienze anche nelle sue architetture.
Ponti pensava l'edificio come una serie di frammenti ricuciti assieme in un'unica tessitura. Ed era un lavoratore indefesso. A Imola c'è un museo della ceramica che espone molti oggetti da lui disegnati. Vi si ravvisa tutta la cura e l'amore che profondeva nello studio del dettaglio.
Fare architettura non è semplice. Ogni singolo edificio va inserito in un contesto, e dovrebbe contribuire a migliorarlo. E, al suo interno, dovrebbe contribuire a migliorare lo stato d'animo delle persone. Credo che Ponti sia tra quelli che siano riusciti nell'intento...

 
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