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Liturgia tra aggiornamento e tradizione
 

Intervista al Prof. don Paolo Tomatis*
a proposito dei libri “Lo spirito della liturgia. I santi segni” di Romano Guardini,
e “Introduzione allo spirito della liturgia” di Joseph Ratzinger
 
* Don Paolo Tomatis, Direttore dell'Ufficio di Pastorale Liturgica dell'Arcidiocesi di Torino e docente di Liturgia alla Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, sezione di Torino, è autore di molteplici studi sul rapporto tra la liturgia e l'estetica, tra i quali segnaliamo: “Accende lumen sensibus. La liturgia e i sensi del corpo” (2010), “La festa dei sensi. Riflessioni sulla fede cristiana” (2010), “Commosso gli corse incontro. Contemplazione del Padre misericordioso di Rembrandt” (2011, con Luca Gazzoni), “Il cuore di Dio” (2012, con Laura Verrani), “La liturgia alla prova del sacro” (2013).
 

Gli argomenti trattati nella rubrica “Un libro al mese” sono ridiscussi in interviste con diversi esperti. Ne nasce un colloquio volto ad approfondire gli argomenti esposti nei volumi. Le opinioni presentate sono qualificate ma personali, non necessariamente condivise da chi promuove la rubrica.
Pubblicati a un'ottantina di anni di distanza (il primo tra il 1919 e il 1922, il secondo nel 2001), i due scritti, di Guardini e di Ratzinger, sono pietre miliari lungo il cammino della liturgia. Il loro raffronto consente di indagare il pensiero e l'agire liturgico, sullo sfondo della prospettiva della storia contemporanea.

05/02/2016

Sono ovviamente testi differenti per collocazione cronologica e per impostazione teorica. E tuttavia v'è una somiglianza nell'ispirazione che colloca i due Autori all’interno di quel Movimento liturgico di riscoperta della liturgia che ha contraddistinto il '900. Ratzinger prende esplicitamente le mosse da Guardini, il quale si muove nel solco del Movimento Liturgico. Guardini intende favorire una riscoperta della liturgia nei suoi valori originari e fondamentali, Ratzinger desidera liberarla dalle interpretazioni parziali della riforma del Vaticano II. Ovviamente le sottolineature dei due Autori si muovono su direttrici diverse, poiché operano in contesti differenti. Ad esempio, per Guardini era scontato che i luoghi della celebrazione fossero “orientati”, per cui nulla dice di tale argomento, mentre si sofferma su alcune polarità che attraversano l'azione liturgica. Il suo ragionamento, nel rivolgersi ai temi centrali della liturgia, si svolge infatti per “opposizioni polari”: ragione – sentimento, pensiero – azione, io – comunità. Un metodo di grande efficacia comunicativa, che tuttavia non intende penetrare in profondità nel fondamento teologico della liturgia.
Diverso l'atteggiamento di Ratzinger, che opera con germanica ponderosità per scandagliare i fondamenti teologici della liturgia, muovendo secondo il principio che il nuovo non annulla l'antico ma lo porta a compimento.
 
05/02/2016

Pur proposta con grande garbo, nello scritto di Ratzinger si svolge una polemica verso le realizzazioni maldestre della riforma liturgica. Su questa egli invoca un cospicuo ripensamento. In particolare la critica si rivolge all'antropocentrismo che esalta la partecipazione attiva dell’assemblea, a scapito della centralità del mistero di Cristo. Questo si traduce in una critica verso la dimenticanza dell'orientamento nella preghiera, a favore di un eccessivo vis-a-vis tra il presidente della celebrazione e l’assemblea. Anche una certa tendenza iconoclastica contemporanea è inquadrata in tal senso, così come il cedimento alle manifestazioni musicali d'uso corrente.
L'insistenza di Ratzinger sull'orientamento della preghiera mira invece a liberare la figura del sacerdote da una posizione troppo preminente e ingombrante nel contesto della liturgia. La soluzione proposta di celebrare rivolti ad est, o al Crocifisso posto sull’altare, rischia tuttavia di tralasciare altri orientamenti posti in luce dalla liturgia stessa, come quello verso l’alto (la preghiera rivolta al Padre nel canone romano) e verso il pane ed il vino posti sull’altare.
Tale centralità, al contrario, è colta con chiarezza da Guardini nel testo sui Santi segni che accompagna Lo Spirito della liturgia. Qui, parlando dell'altare, egli sostiene che questo debba costituire la parte più elevata della chiesa e presentare una superficie “tutta libera”, non ingombra di candelabri o di altri elementi che tolgano risalto alla centralità del pane e del vino.
Il piccolo esempio della posizione del sacerdote all’altare e – ancora meglio – della posizione del popolo verso l’altare durante la preghiera eucaristica mostra con evidenza quanto sia inadeguata l’immagine dell’affresco per descrivere la liturgia, come si trattasse di qualcosa da restaurare per giungere alla sua forma originaria e fondamentale. In realtà la liturgia è una realtà storica, che cammina nel tempo, e nelle diverse scelte operate mette in evidenza i diversi aspetti del mistero celebrato, senza che l’uno prenda il sopravvento sull’altro. La lezione di Guardini delle opposizioni polari, in tal senso, è insuperata.
 
05/02/2016

La questione della posizione del corpo in preghiera è un fatto culturale, di incrocio tra la tradizione culturale cristiana e la cultura di riferimento in cui si vive. Se le palme verso l’alto rimandano all’antica immagine dell’orante in preghiera, le mani giunte fanno riferimento al clima medioevale e feudale del rispetto, oltre che al clima moderno dell’introspezione del gesto orante. Personalmente penso sia giusto non escludere l'uno in favore dell'altro. Un gesto esprime apertura e slancio, l'altro raccoglimento e intimità. Nei due casi si tratta di riscoprire dimensioni primordiali del pregare, e perciò comuni alle diverse religioni.
 
Anche l’antica prassi dell’orante in piedi, figura dell’uomo libero, a immagine del risorto, non deve secondo Ratzinger essere enfatizzata, dal momento che nella cultura di oggi il problema non si presenta più in quei termini. Nell'epoca nostra, in cui è superato il problema della schiavitù, ha senso tenere assieme le diverse polarità, non escludere l'una in favore dell'altra.
Inoltre va detto che l'atteggiamento del corpo, che può esprimere raccoglimento o apertura all'ascolto, intimità o slancio, si ritrova anche nella disposizione prossemica dello spazio: un'organizzazione circolare dell'assemblea e dell'architettura della chiesa esprime appartenenza; una disposizione più lineare in un ambiente basilicale esprime il protendersi verso l’Alto e verso l’Oltre. Ancora una volta, seguendo la lezione guardiniana delle opposizioni polari, si tratta di non opporre, ma di comporre le diverse dimensioni della fede implicate nell’atto liturgico
05/02/2016

Guardini nei Santi segni parla della simbolicità del sole: l'anelito alla luce solare, immagine di Cristo sole del mondo, percorre la chiesa e la vivifica. D'altro canto lo stesso Guardini riconosce, in altri scritti quale quello su “La fine dell'epoca moderna”, che è illusorio pensare di poter tornare al medio evo, e occorre accettare il destino ineluttabile della cultura, che «si paga con il sacrificio della realtà vivente».
La riflessione di Ratzinger insiste sull'importanza del recupero di questo importante simbolo cosmico, con il rischio di assolutizzare un fuoco direzionale sugli altri (l’altare, l’ambone, ad esempio). È bene ricordare che la dinamicità della celebrazione conosce diversi momenti di orientazione, dai riti d'inizio ai riti intorno all’altare. In ogni caso, come sosteneva Frédéric Debuyst e come riconosce lo stesso Ratzinger, il simbolo dell'oriente si ritrova non necessariamente nell'est geografico, ma anche in una semplice direzionalità della preghiera.
È infine curioso notare un fatto presente nell’Introduzione allo spirito della liturgia di Ratzinger. Nell’invito a recuperare il valore cosmico della liturgia, dimentica un elemento essenziale del cosmo, quale quello del vino, presente nella forma originale e fondativa dell'Eucaristia: l'Ultima cena. Certamente non si può approfondire ogni aspetto del simbolismo liturgico, e tuttavia mi pare che nel testo di Ratzinger l'accentuazione sulla simbolicità dell'orientamento, insieme alla dimenticanza relativa alla simbolicità del vino nel momento dell'Eucaristia, rivelino una nostalgica fascinazione per il modello liturgico tridentino, nel quale si celebrava tutti verso l’altare e l'assunzione del vino era riservata al solo sacerdote.
 
05/02/2016

Non credo: nelle riflessioni e nelle sperimentazioni di Guardini convergono i due filoni della ricerca storica, quella liturgica che ad esempio riscopriva la forma quadrata dell’altare antico, e quella del modernismo architettonico, espresso dalla cultura del Bauhaus e recepita da Rudolf Schwarz, dove prevale l'aspirazione alla semplicità e all'essenzialità, pur nella cura del dettaglio.

 
 
 
05/02/2016

Lo stile di Guardini deriva dal suo atteggiamento meditativo che non rinuncia alla riflessione pur impegnandosi nella divulgazione. In Ratzinger emerge il teologo che si impegna a fondare e motivare i suoi ragionamenti, ma anch'egli nel testo in questione presta attenzione alla divulgazione, in una rara capacità di scrittura che unisce vigore argomentativo e tensione sintetica.
Il testo di Guardini a un secolo di distanza resta ancora fresco e vivo. E credo che tra un secolo anche quello di Ratzinger sarà ancora apprezzato per le sue qualità intellettuali.

 
 
 
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