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 Home page - Un libro al mese - Gaudí e la genialità irripetibile 

Gaudí e la genialità irripetibile

Intervista al Prof. Silvano Petrosino*
a proposito del libro  "Antoni Gaudí. Idee per l'architettura. Scritti e pensieri raccolti dagli allievi”, edito a cura di Isidre Puig-Boada, (Milano,1995)

*Silvano Petrosino insegna Teorie della comunicazione e Filosofia morale presso l'Università Cattolica di Milano e Piacenza. È noto come interprete dell'opera di E. Lévinas e J. Derrida, sui quali ha scritto le monografie: La verità nomade. Introduzione a Emmanuel Lévinas (Milano 1980), Jacques Derrida e la legge del possibile. Un'introduzione (con prefazione dello stesso Derrida, 2a ed. Milano 1997. All'immagine e allo sguardo ha dedicato tre volumi: Visione e desiderio. Sull'essenza dell'invidia (Milano 1992), Lo stupore (Novara 1997) e Piccola metafisica della luce (Milano 2004). Ai problemi relativi al linguaggio e alla comunicazione: L'esperienza della parola. Testo, moralità e scrittura (2a ed. Milano 2008). All'analisi del logos biblico: Il sacrificio sospeso. Lettera a un amico (Milano 2000, Paris 2008) e Babele. Architettura, filosofia e linguaggio di un delirio (Genova 2003, Paris 2010). Al tema dell'abitare: Capovolgimenti. La casa non è una tana, l'economia non è il business (Milano 2008). Le sue pubblicazioni più recenti sono:  Il magnifico segno. Comunicazione, esperienza, narrazione (Milano 2015) e L’idolo. Teoria di una tentazione. Dalla Bibbia a Lacan (Milano 2015) .


Gli argomenti trattati nella rubrica “Un libro al mese” sono ridiscussi in interviste con diversi esperti. Ne nasce un colloquio volto ad approfondire gli argomenti esposti nei volumi. Le opinioni presentate sono qualificate ma personali, non necessariamente condivise da chi promuove la rubrica.
Gaudí è visto da molti come un esempio insuperabile di capacità di caratterizzare la chiesa, in contrapposizione a quanto si ritiene di vedere solitamente nell'architettura contemporanea. Ma il suo modo di progettare era contemporaneo, ovvero di avanguardia, ai suoi tempi.
13/10/2015
Premesso che non sono uno storico dell'architettura, ho un'enorme stima per Gaudí e per la sua opera. Come tutti i grandi, per quanto sia vissuto in un preciso momento storico, non lo vedo relegato in questo, ma capace di parlare al di sopra delle epoche transeunti, grazie alla sua capacità di costruire con forme e colori immaginifici ma allo stesso tempo del tutto naturali.

Usa elementi comuni, penso alla pigna, agli uccelli, ai colori, alle molteplici forme: ma tutto questo sempre è da lui disposto in modo libero e creativo. Amo paragonare le sue opere alla musica di Mozart, che appare semplice e lineare nei suoi elementi costitutivi, dove prevalgono le scale, ascendenti e discendenti. Ma composte in modo tale da ottenere risultati strepitosi, in cui la semplicità diviene capacità di comunicare con facilità e immediatezza. Gaudí è inoltre fortemente mediterraneo nel suo sentire la varietà, la luce, il colore, le forme: marcatamente diverso dall'astrattismo in cui si esprime la semplicità secondo il sentire nordico. Nei suoi edifici ritroviamo visioni giocose!
 
 
13/10/2015
C'è senz'altro la forza della fantasia, ma ben diversa da quella sciatta riscontrabile in luoghi quali Disneyland. Quella di Gaudí è arte vera: arte che prescinde dalla ricerca del successo. Ed è sempre rottura della quotidianità, che tuttavia mai cade nella fuga dalla realtà. Anzi, si tratta di opere di estrema concretezza, calate in un'evidente materialità.

Così si compie veramente l'esperienza di abitare la terra, pur guardando al cielo. Proprio in tale corposa concretezza si ritrova la mediterraneità del maestro catalano, che costituisce un unicum, un vertice assoluto.
 
13/10/2015
Chi provasse a imitarlo ne uscirebbe sconfitto. L'apparente semplicità sottende una genialità: ancora, non dissimile a quella mozartiana.

Gli elementi con cui sono composti i lavori dei grandi artisti appaiono semplici. Ma non basta giustapporre alcune scale per ottenere una sonata dotata della completezza delle opere del maestro di Salisburgo, né basta avvicinare alcune pietre colorate e alcune forme naturali per somigliare a quanto creato da Gaudí.

La Sagrada Familia è, a mio modo di vedere, l'unica vera “cattedrale” della modernità, assimilabile per splendore alle grandi chiese medievali. Ma quello di Gaudí non è uno stile, è l'espressione unica e irripetibile di un genio che non trova eguali, almeno dal XVIII secolo in poi. Se fossi un artista vorrei apprendere dal suo modo di intendere il senso dell'abitare lo spazio e, una volta compreso questo, cercare di esprimerlo in forme a me consone.
 
13/10/2015
Gaudí era un uomo di grande fede, e di grande fiducia. Aveva un'appassionata concezione del popolo inteso come comunità di credenti: qualcosa che oggi decisamente non si dà. In realtà non c'era neppure all'epoca sua. La si ritrovava nel medioevo, nell'età del romanico, ma c'erano voluti 11 secoli di cultura cristiana per generarla.

Che si possa formare ancora nel futuro è auspicabile, ma oggi chi può dirlo? Forse Gaudí proiettava la sua fede convinta e non dogmatica pure verso i suoi contemporanei; ma era un'illusione.

L'arte contemporanea è sempre frutto di singoli, non di una cultura diffusa e compartecipata.

Non so se, quando sarà completata, la Sagrada Familia sarà proprio quella che Gaudí avrebbe desiderato...





 
13/10/2015
Oggi ci troviamo di fronte al fenomeno clamoroso dell'omologazione, negli stili di vita che prescindono dalle ideologie o dalle impostazioni di fondo e le superano: nel supermercato siamo tutti eguali. Di fronte a tale problema sorgono reazioni scomposte, quali il risibile localismo, che sta prendendo piede con evidenza in diversi Paesi meridionali.

Ma non è questa la cultura mediterranea di cui parlava Gaudí, che si rivolgeva invece alla tradizione della Chiesa, al calore della famiglia e degli affetti, ancora non viziati dal consumismo.

Lo vediamo anche nel campo della filosofia: vi sono chiare differenze nel modo di ragionare dei filosofi mediterranei, personaggi come Croce e Gentile, rispetto ai filosofi centroeuropei. Ma queste differenze portano un sovrappiù di ricchezza: nel campo del pensiero non v'è appiattimento omologante.....
 
13/10/2015
Distinguiamo. Penso che l'architettura sia effettivamente vicina alla filosofia e del resto vediamo che molti studenti di architettura frequentanto con interesse anche corsi di filosofia.

Poi accade che quando un architetto comincia a vedere costruite alcune opere sue, spesso il suo “io” subisce un processo di ipertrofia e alla filosofia, che richiede il privilegio del dubbio e della critica, subentra l'orgoglio che a volte sconfina nel senso di onnipotenza. Penso che il giusto atteggiamento sia quello che ho riscontrato in un'amica progettista. Vedevo che le sue architetture erano tutte bianche e spoglie.

Quando le chiesi perché seguisse questa strada mi rispose: “Non costruisco case, ma solo sfondi: la casa dev'essere fatta da chi la abiterà”. Trovo che quest'idea rispetti il concetto autentico dell'abitare ed esprima il senso di un'architettura intesa come servizio, non come imposizione.

Anche Gaudí vedeva la propria opera come un servizio. Ed era umile, come difficilmente lo sono i mediocri: senza umiltà non v'è apertura al dialogo, ma solo pregiudizio. Ciò detto, Gaudí non era un filosofo, né pensava di esserlo. Aveva l'urgenza del fare, come tutti i grandi artisti. Quell'impulso che portava Picasso a dire “Non cerco, ma trovo”. Quella passione che portava l'ultimo van Gogh a dipingere due quadri al giorno. Il filosofo cerca, l'artista trova. Ma se è vero artista, la sua opera è fonte perenne di riflessione. E l'opera di Gaudí certamente lo è.
 
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