Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nella misericordia - Domeniche - 8 dicembre - Immacolata Concezione 

8 dicembre   versione testuale

Immacolata Concezione


Dal racconto dell’Annunciazione parte la comprensione di Maria come Vergine Immacolata. Maria é chiamata dall’angelo “piena di Grazia”. Per i credenti di tutte le epoche questa espressione indica anche l’assenza, in Maria, della macchia di peccato originale: perché lei é la Nuova Eva obbediente, chiamata a riscattare la prima Eva che del peccato si era macchiata; e perché il suo grembo era destinato a diventare «degna dimora per il Figlio» «in previsione della morte di lui» (Orazione colletta). Questo Figlio, nella sua natura divina, è Colui che né i cieli, né i cieli dei cieli possono contenere, perciò Maria é detta anche “platitera ton ouranòn”, cioè “colei che é più ampia dei cieli”.
E su uno sfondo di cielo l’artista Antonino Pedone dipinge la sua Annunciazione. Il blu indica il mondo divino e il silenzio della meditazione. L’incontro tra Maria e l’angelo rimane dunque sospeso in una dimensione di silenzio soprannaturale.
La figura possente della Vergine é fatta della stessa materia cromatica dell’Angelo. Il pittore rinuncia al colore, preferendo dipingere le due creature con il bianco che contiene tutti i colori, e che quindi é luce.
L’angelo, le cui ali sono fasci potenti e vorticosi di energia, si appoggia sulle nubi del Cielo (a destra dell’immagine); la Vergine, invece, é solida e statuaria come la cupola di una chiesa e il suo sgabello tocca la concretezza della terra (a sinistra dell’immagine); su di esso é poggiata una melagrana, simbolo della Chiesa.
La terra di Maria e il cielo dell’angelo si stanno incontrando. E’ un incontro vero, reale, eppure invisibile e mistico. Così l’artista all’angelo fa toccare, con le sue braccia distese le spalle di lei, e la colomba dello Spirito Santo, come in un gioco amoroso le tira, nello stesso tempo, un filo dei lunghi capelli, raccolti come quelli di una dama del Quattrocento. Lorenzo Lotto aveva osato far arrivare di spalle l’angelo, facendo spaventare Maria e fuggire un gatto. Qui invece Maria é totalmente assorta e accoglie silenziosa questo abbraccio dell’angelo.
E’ assorta a leggere un libro. Ma sul libro, se si va a vedere, non ci sono scritte parole. L’artista si permette di disegnarci sopra il momento culminante della passione di Cristo: la sua crocifissione. La Vergine vede nel libro l’epilogo di ciò che l’angelo le sussurra all’orecchio. Non le viene sottratta la fatica della fede che nasce dall’ascolto della parola (fides ex auditu), come dice Paolo (Rm 10,17); ma la sua fede già guarda avanti. Sarebbe bello per lei e per tutti noi avere una visione frontale di ciò che Dio ci chiede; e invece Lui ci parla all’orecchio del cuore e lascia a noi, nella nostra libertà, di maturare tutta la consapevolezza del sacrificio che la fede richiede. Maria, perciò, dovendo un giorno sopportare la morte in croce del Figlio, deve prima concepirlo nel cuore e poi nel grembo. Perché sia tutto suo e tutto di Dio. Ma già san Bernardo aveva immaginato questo momento della coscienza di Maria caricarsi di dolorosa responsabilità: «Tutto il mondo è in attesa, prostrato alle tue ginocchia: dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, la redenzione dei prigionieri, la liberazione dei condannati, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutto il genere umano » (Om. 4, 8). Nella libertà della risposta di Maria c’é già prefigurato il dolore della spada che le trafiggerà l’anima, perciò Bernardo ancora immagina di esortarla: «O Vergine, da' presto la risposta. Rispondi sollecitamente all'angelo.  Apri il cuore alla fede, le labbra all'assenso, il grembo al Creatore».
«Disse allora Maria: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. E l'angelo si allontanò da lei» (Lc 1,38).